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Gli scavi di Velia rappresentano uno dei gioielli del Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano. I resti di questa antica città della Magna Grecia si trovano ad Ascea Marina, importante località balneare situata tra Agropoli e Palinuro. Ci si può dunque immergere nel mare cristallino di Agropoli, Santa Maria di Castellabate, Acciaroli, Pioppi, Capo Palinuro o Marina di Camerota di mattina, e dedicare il pomeriggio passeggiando tra le strade e l'agorà della città dei grandi filosofi della scuola eleatica, come Parmenide, Zenone e Melisso.
L'area archeologica è localizzata nel comune di Ascea, in provincia di Salerno, in una posizione centrale rispetto alle principali località turistiche del Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano e Alburni, quali Palinuro, Marina di Camerota, Ascea e Casalvelino, e dista circa 40 km da Paestum e 90 km da Salerno.
Lo storico e geografo greco Strabone, nella sua Geografia, parla della città di Elea (in greco antico Ἐλέα), Velia per i Romani, specificando che fu fondata dai profughi Focei intorno al 540 a.C. in seguito alla Battaglia di Alalia (evento databile tra il 541 e il 535 a.C.) e che la chiamarono inizialmente Hyele (῾Υέλη), nome che poi divenne Ele, e infine, Elea. Gli esuli, assediati dai Persiani, intrapresero un lungo viaggio nel Mediterraneo, prima di trovare la sede dove fondare la loro nuova città.
La visita archeologica comincia dalla città bassa, dove gran parte degli edifici risalgono all'età ellenistica e romana. Elea, infatti, intrattenne ottimi rapporti con Roma, divenendo nell'88 a.C. municipio romano con il nome di Velia, mantenendo però il diritto di continuare ad utilizzare la lingua greca e di battere moneta propria. Inoltre, sostenne Roma nelle Guerre puniche fornendo navi e divenne anche luogo ideale di villeggiatura per molti aristocratici romani, tra cui Cicerone e Orazio.
Salendo verso l'Acropoli, dove c'era un'area sacra a Poseidone, si trova un teatro, costruito in età romana sui resti di un antico tempio greco, dove è conservato il Santuario di Zeus. Sono presenti anche alcuni edifici danneggiati nel Medioevo, periodo in cui venne costruito un castello. Di questo periodo si conservano la Torre Angioina e due chiese: la cappella Palatina e la Chiesa di Santa Maria.
Dall'Acropoli il panorama si apre con notevole ampiezza. Con un sol colpo è possibile abbracciare il litorale tirrenico da Punta Licosa a Capo Palinuro e oltre, e verso l'interno le piane dell’Alento e della Fiumarella, i monti del Cilento e gli Alburni.
La prosperità della città continuò fino a tutto il I secolo d.C., quando si costruirono numerose ville e piccoli insediamenti, unitamente a nuovi edifici pubblici e alle thermae, ma il progressivo insabbiamento dei porti e la costruzione della Via Popilia (avviata nel 132 a.C.), che collegava Roma con il sud della penisola tagliando fuori Velia, condussero la città ad un progressivo isolamento e impoverimento. Dalla fine dell'età imperiale, gli ultimi abitanti furono costretti a rifugiarsi nella parte alta dell'Acropoli per sfuggire all’avanzamento di terreno paludoso.
Alla fine del Medioevo, nel 1420, diventò feudo dei Sanseverino, però presto donato alla Real Casa dell'Annunziata di Napoli. Dal 1669 non è più censito alcun abitante sul posto, e le tracce della città si perdono nelle paludi.
Solo nell'Ottocento l'archeologo François Lenormant comprese che l'importanza storica e culturale del luogo si prestava ad interessanti studi e approfondimenti. L'antica città ha riscoperto una nuova vita grazie agli scavi iniziati nel 1921, i quali hanno riportato alla luce le bellezze architettoniche facendone ricostruire completamente la pianta. I lavori hanno reso Velia famosa in tutto il mondo tanto da essere dichiarata patrimonio dell'umanità dall'UNESCO nel 1996.
Tra i motivi che fanno di Velia patrimonio dell'umanità va sicuramente menzionata la scuola eleatica, una scuola filosofica presocratica fondata da Parmenide e portata avanti dall’allievo Zenone.
I fondatori usavano un alfabeto greco più arcaico rispetto a quello di Strabone (come testimoniano le monete più antiche), ed usavano il "digamma", una delle lettere cadute in disuso di quell’alfabeto. Il digamma, Ϝ, che, come si vede è graficamente simile ad una F, si pronuncia come la v italiana, dando quindi al nome della città il suono di "Vele" (Ϝέλη). Nella trascrizione, però, già molti Focei non usavano più il digamma, sostituendo quindi la lettera Ϝ con Ύ e trasformando "Vele" in "Hyele" (Ύέλην).
In onore dell'antica città, Adriano Olivetti volle che fosse denominata ELEA la generazione di supercomputer Olivetti sviluppati negli anni cinquanta del Novecento, il cui modello Elea 9003 fu il primo supercomputer commerciale interamente a transistor della storia dell'informatica. Elea fu anche il nome scelto da Carlo De Benedetti, nel 1979, per la scuola di formazione aziendale della Olivetti, affidata alla presidenza di Pier Giorgio Perotto: la scelta, oltre che un riferimento alla macchina, intendeva sottolineare la centralità dell'uomo nella sfera della tecnologia.
Biglietti e scontistica
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