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Il museo dell’Abbazia della Santissima Trinità a Cava de’ Tirreni

Via Michele Morcaldi 6, 84013 Cava de' Tirreni, Salerno

Ora aperto
Durata

1h

Le lingue

___

Partecipanti

Illimitato

Tipo

Museo statale

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Adatto ai bambini

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Adatto alle coppie

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Animali ammessi

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Parcheggio disponibile

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Senza barriere

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Supporti in lingua

Consigli per la visita

Servizi inclusi

  • Esclusiva garanzia Movery soddisfatti o rimborsati
  • Servizio di assistenza turistica inclusa
  • Consegna biglietti istantanea
  • Si accettano biglietti su smartphone

Come arrivare a

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Informazioni su questa attività

La Badia Benedettina della SS. Trinità sorge a pochi chilometri dalla città di Cava de’ Tirreni, nella valle del ruscello Selano. Oggi l’Abbazia organizza visite guidate tutti i giorni feriali e festivi, dalle 8:30 alle 12:00, illustrando i percorsi del complesso e ripercorrendone la storia dal 1011 ai nostri giorni.

Le origini

Il fondatore della badia fu S. Alferio, nobile salernitano parente e ambasciatore del principe di Salerno Guaimario III. Nel lontano 1011 decise di dedicarsi alla vita da eremita, ritirandosi in un’antica grotta. Fu proprio qui che decise di fondare quello che sarebbe stato l’attuale complesso monastico. Nonostante ciò, decise di continuare a vivere in un piccolo spazio della grotta, dove vi morì nel 1050.

Tra i suoi successori si distinse S. Pietro I, nipote di Alferio, che ingrandì il monastero e lo rese il fulcro di una potente congregazione monastica da cui dipendevano centinaia di chiese e monasteri sparsi in tutta l’Italia Meridionale. Furono più di 3000 i monaci a cui San Pietro diede l’abito. Il papa Urbano II, che lo aveva conosciuto a Cluny, visitò l’Abbazia nel 1092 e ne consacrò la basilica

Il Museo

All’interno dell’antico Palatium riservato agli ospiti, subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, un uomo notò un capitello sulle pareti di una sala esterna al monastero e, guardandosi intorno, vide anche delle colonne e l’intera struttura della sala, in principio non ben visibile in quanto coperta da altre sovrastrutture. La volta in particolare è stata ristrutturata in quanto danneggiata, mentre tutto il resto ha conservato la propria originalità, tranne le finestre, che per mancanza di elementi non potevano essere ricostruite.

È proprio all’interno di questa sala, un tempo adibita a foresteria, che negli anni ’60 è nato un museo, custode di importanti manufatti e opere artistiche molto preziose possedute dalla badia nel corso dei secoli. Tra queste il polittico di scuola raffaellesca, commissionato per l’altare maggiore della basilica dell’abbazia; in passato si pensava che quest’opera appartenesse al salernitano Andrea Sabatini, ad oggi, invece, viene attribuita al lombardo Cesare da Sesto.

La maggior parte delle opere che oggi puoi ammirare sono il frutto del lavoro dei monaci o di altri artisti da loro commissionati; molti elementi, invece, sono stati ritrovati, donati o acquistati, ad esempio i sarcofagi romani, quadri o le rare costruzioni romane o medievali esistenti al di sotto della grotta Arsicia prima che San Alferio vi abitasse.

Vedrai quindi esposte le campionature di protomi, elementi decorativi costituiti dalla testa o dal busto di qualche figura, anfore, sarcofagi romani e frammenti di sculture medioevali esposte nella prima sala. Le opere testimoniano la vita artistica della struttura perché alle preziose pitture trecentesche e quattrocentesche, tipiche della scuola toscana, seguono raccolte di dipinti su tavola del Cinquecento, rilievi eseguiti dalla bottega di Tino di Camaino e una statua lignea bassomedioevale raffigurante una Madonna con Bambino. Innumerevoli sono gli artisti che hanno partecipato alla creazione di una collezione così ricca.

Le opere del Seicento e del Settecento sono principalmente pitture naturalisticche, classicistiche e barocche, come i dipinti di Giacinto Diano e Carlo Maratta. Il museo custodisce anche una modesta raccolta di oggetti antichi in metallo, porcellana, avorio e ceramica, di epoche e botteghe diverse, come le croci astili in argento, una pregevole campionatura di piatti di artigianato abruzzese del secolo XVIII, mattonelle maiolicate di manifattura napoletana e preziosi paramenti liturgici.

Salta sicuramente all’occhio un prezioso elemento quattrocentesco, una cassetta eburnea che si pensa sia stata prodotta a Costantinopoli e importata a Cava de’ Tirreni dopo la consacrazione della basilica, nel periodo in cui Amalfi intratteneva rapporti commerciali con l’Oriente: al di sopra sono raffigurati guerrieri circondati da elementi a girali vegetali. Una delle opinioni più accreditate sostiene che sulla faccia anteriore ci sarebbe la figura di Giosuè insieme ad leone rampante, un guerriero corazzato, mentre nell’ultima lastrina si può notare un guerriero seminudo con spada e scudo in posizione d’attacco. Non si sa bene perché sia stata portata nella badia, probabilmente per utilizzarla come reliquiario.

La badia dispone anche di un ricco archivio, contenente anche una carta nautica del XIV secolo e alcuni corali.

Posizione dell'attività

Via Michele Morcaldi 6, 84013 Cava de' Tirreni, Salerno

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