Tra l’Ottocento e il Novecento, spicca la meravigliosa, forte e romantica figura di Matilde Serao.  

Grande scrittrice e giornalista dell’epoca, Matilde Serao fu una delle personalità più grintose della sua epoca, sia nella vita privata che nell’impegno sociale e culturale. Sfidò la condizione di essere donna e divenne la prima redattrice italiana di importanti testate giornalistiche come il Corriere di Roma, Il Mattino e il Giorno di cui era anche fondatrice.

Orgoglio italiano ma soprattutto partenopeo, Matilde Serao elogiava la sua città nelle cose che la rendono unica: la tradizione e la cultura del popolo, la pizza e le credenze popolari. Amava la sua città e la città amava lei, che al contempo utilizzava la sua arte per denunciare e descrivere con occhio critico la realtà di Napoli

Fronteggiava coraggiosamente i politici e i ministri dell’epoca e si appellava al governo affinché quest’ultimo potesse migliorare lo stato emergenziale in cui riversava la città, fino a diventare ed essere ricordata tutt’oggi come la paladina della città di Napoli. 

Napoli nelle Opere di Matilde Serao

Matilde Serao è stata una grande scrittrice con uno stile unico e una versatilità di scrittura non indifferente. L’arte della sua penna era tale che il talento emergeva da ogni sua opera. Anche lo stile, costruito da lei sulla lingua parlata attraverso una mescolanza di francesismi e termini dialettali, ha contribuito a rendere unica e artistica la sua scrittura.

Matilde Serao vive durante gli anni del verismo della letteratura italiana. Con occhio attento e critico, la scrittrice tratta la realtà della vita di Napoli. 

Nella sua opera maggiore, Il Ventre di Napoli, pubblicata nel 1884, Matilde ci fornisce un chiaro quadro della vita nella città partenopea. Il suo giornalismo ha come obiettivo quello di ritrarre il vero, trattando ogni aspetto della città, dalle infrastrutture alla condizione sociale di ogni rango del popolo stesso: dalla vita borghese della sua amica, Eleonora Duse, alla quotidianità del popolo di cui lei si sente parte. 

Il racconto descrive una città che va oltre i pregiudizi sociali. I napoletani, visti da sempre come un popolo di scansafatiche, abitanti di una città sporca e male amministrata, vengono presentati dalla Serao nel modo più giusto e autentico. Prestando i suoi occhi al mondo, ci racconta di lavori umili e faticosi, come quelli della lavandaia e del garzone che apprendevano il lavoro fin dalla tenera età. 

Attraverso le sue righe emergono i costumi e le usanze del popolo come il vizio del gioco, la lotteria, che affliggeva i più poveri. Una vera e propria “piaga sociale” che prestava al popolo una falsa speranza di redenzione e lo portava a sperperare quei pochi spiccioli di cui si componeva il loro patrimonio. 

La scaramanzia conduce ad un’importante professione: quella delle fattucchiere, donne in grado di preparare pozioni d’amore e rimedi che migliorano la vita.

La Serao redige una vera e propria inchiesta sulle precarie condizioni igieniche sanitarie della città. 

In quegli anni Napoli era piegata dall’epidemia di colera, ma anche dopo la fine dell’infezione la situazione era ancora paradossale. 

Dietro la magnificenza della lunga e affascinante Via Caracciolo, raccontata nei libri di tanti autori e sui giornali per la sua bellezza, la Serao racconta di altre strade, più nascoste e di cui il Governo stesso ignorava l’esistenza. Descrive le latrine a cielo aperto e la pericolosità di una strada, Via dei Mercanti, che si snodava nel Quartiere Porto, così come le altre vie che da Largo San Marcellino proseguivano verso Portanova

Via Mezzocannone era abitata da tintori e la condizione che riguardava la vicina Vicaria era orrenda. In questa zona l’unica strada più pulita delle altre era Via Duomo. Il resto delle strade e dei vicoli dietro Piazzetta dei SS. Apostoli erano anguste e strette tanto che i carri non vi passavano. In alcune non entrava neppure la luce del sole. Una situazione simile la si ritrovava anche nella storica Piazza Mercato

Il risanamento dell’intervento di Depretis, prevedeva la costruzione del Rettifilo, la lunga strada di Corso Umberto I, e la demolizione di parte dei quartieri del centro storico. 

La Serao però addita la costruzione come una speculazione edilizia che non risolve nulla perché i problemi, come spiega, sono molti e vari. 

Dopo l’intervento, la situazione dei Quartieri Spagnoli restò invariata e il popolo napoletano continuò a badare a sé stesso, sopravvivendo al disagio di una città trascurata.

Il piatto del popolo: la pizza 

Il popolo si nutre di prodotti poveri, infatti nelle sue descrizioni le strade sono animate di venditori di spighe, caldarroste e cartocci di pesci pescati e fritti. Le osterie cucinano verdure alla scapece, il soffritto e tante altre prelibatezze povere ma ricche di storia e tradizione. 

Tra questi piatti nasce la pizza, fatta anch’essa di ingredienti poveri che messi assieme sfamano il popolo in una soluzione originale e allegra. Questo piatto unico e prelibato è descritto da Matilde Serao come un disco di pasta arricchito dai prodotti tipici della terra. 

Le più antiche pizze che vengono descritte nell’opera sono varie: c’è la pizza al pomodoro, quella col formaggio e la mozzarella, la pizza con le alici e la pizza rossa con aglio e olio. 

L’impasto veniva preparato durante la notte nella bottega del pizzaiolo che stendeva e lavorava la pasta e la condiva per poi cucinarla nel forno. La pizza veniva poi divisa in più parti, gli spicchi ognuno dei quali venduto per un soldo da un ambulante che girava per le strade della città.   

Così lei racconta della scoperta della pizza pure da parte di altri. Un imprenditore prova perfino ad importare la pizza a Roma, aprendo una pizzeria nella Capitale. Il risultato è però fallimentare perché solo il popolo napoletano poteva apprezzare davvero un piatto così semplice e sostanzioso che nell’atmosfera della città di Napoli aveva un valore incomprensibile dal popolo delle altre città più ricche. 

Tuttavia come sappiamo la situazione è mutata nel tempo e la pizza è stata apprezzata a tal punto che oggi è la delizia più famosa al mondo. 

L’incredibile figura di Matilde Serao 

Matilde Serao nasce nel 1856 nella città greca di Patrasso dall’unione dell’avvocato Francesco Saverio Serao e la nobile greca Paolina Borrelly

Il padre di Matilde era stato esiliato in Grecia pochi anni prima perché si opponeva al Regno dei Borbone. 

Nel 1860, con l’imminente Unità d’Italia, la famiglia ritorna in patria, stabilendosi dapprima presso una delle proprietà in provincia di Caserta e poi a Napoli dove il padre lavora come giornalista. 

Vive da subito l’ambiente della scrittura e della libertà di parola, ma nonostante ciò da adolescente era una bambina ribelle e iperattiva. Amava giocare con la trottola e correre, saltare e si rifiutava di imparare a leggere e scrivere.

Fu solo dopo la tragica e improvvisa morte della madre e in seguito alle vicissitudini economiche della famiglia, che Matilde decise di iniziare i suoi studi. 

Così, quando aveva ormai quindici anni, decise di seguire le lezioni in qualità di uditrice, presso la scuola di Napoli “Eleonora Fonseca Pimentel” situata in Piazza del Gesù.

Si diploma col titolo magistrale e vince un concorso grazie al quale lavora per tre anni presso i Telegrafi di Stato, esperienza raccontata nel suo libro del 1886 “Il romanzo di una fanciulla”.

In quegli anni scopre una vera e propria passione per la scrittura ritrovandosi ben presto a comporre articoli nel tempo libero, che vennero pubblicati nel Giornale di Napoli.

Poi iniziò ad occuparsi anche di novelle. La prima di queste opere fu Opale, che terminò nel 1878 e pubblicò sul Corriere del Mattino firmandola con il primo pseudonimo usato da Matilde Serao, “Tuffolina”. 

Quattro anni dopo si trasferisce a Roma dove collabora con il Capitan Fracassa e continua a scrivere sotto lo pseudonimo di Ciquita

L’arte della sua penna la rendono subito famosa. Fu proprio durante gli anni romani che la Serao scrisse la sua opera maggiore, il romanzo “Il Ventre di Napoli”. 

Sono i suoi modi però a suscitare curiosità e scherno.

Matilde Serao non era bella e non aveva né modi sofisticati né leggiadria. Era una donna forte e spontanea, totalmente indipendente. Edoardo Scarfoglio fu subito colpito dalla donna di cui scrive giudicandone peraltro il linguaggio inesatto. 

Affascinato dall’unicità e dal carattere di Matilde, lo Scarfoglio se ne innamora e i due si sposano nel 1885, tra scalpore e petegolezzi. 

Il matrimonio fu raccontato e descritto da Gabriele D’annunzio, in un articolo intitolato Nuptialia pubblicato ne “La Tribuna”.

Dall’unione nacquero i gemelli, Carlo e Paolo, e gli altri figli Antonio e Michele.

Fondazione di giornali di punta

Con la loro unione Matilde Serao ed Edoardo Scarfoglio, realizzarono insieme la loro ambizione più grande: fondare un proprio giornale quotidiano

Nacque così il Corriere di Roma nel 1885. Il giornale però non ebbe mai il successo sperato e anzi la sua esistenza causò debiti e preoccupazioni. 

La coppia trovò fortuna a Napoli dove incontrò il banchiere Matteo Schilizzi, proprietario del Corriere del Mattino, che propose loro di lavorare per il suo giornale.

Così nel 1887 lo sfortunato Corriere di Roma venne fuso con il Corriere del Mattino per dar vita ad una nuova testata giornalistica: il Corriere di Napoli.  

Il giornale garantì loro un cospicuo profitto anche grazie ai collaboratori che la carismatica Matilde Serao, riuscì a coinvolgere. Tra questi vi furono il Carducci, Gabriele D’Annunzio e Salvatore di Giacomo che contribuirono alla notorietà del giornale. 

Nel 1891 Matilde Serao e il marito Edoardo Scarfoglio, decisero di cedere la loro parte di proprietà del giornale e con il ricavato fondarono Il Mattino.

Per questo giornale Matilde scriveva attivamente firmando i suoi articoli con lo pseudonimo “Gibus”.

Il tradimento e il declino del matrimonio 

Nonostante la carriera che in quegli anni marciava a gonfie vele, la coppia era danneggiata da un matrimonio che si fondava sulla stima ma era minacciato da tradimenti e litigi continui.

Nel 1892 Matilde, stanca della vita di coppia, decise di prendersi una pausa e trasferirsi per un periodo più o meno breve in Valle d’Aosta. Durante la sua assenza Edoardo conobbe la cantante di teatro Gabrielle Bessard, con cui intraprese una relazione che durò ben due anni. Nonostante il tradimento, però, lo scrittore non voleva lasciare la moglie e la sua decisione restò ben salda anche dopo aver scoperto che l’amante fosse incinta.

Tutto ciò portò ad una drammatica vicenda. Nel 1894 Gabrielle Bessard, disperata dalla relazione clandestina, si presentò davanti l’uscio di casa dei coniugi e con una pistola si sparò un colpo al cuore. Fu ricoverata d’urgenza presso l’Ospedale degli Incurabili, ma la notizia fu taciuta dal Corriere di Napoli

Pochi giorni dopo il Corriere, forse per la grandezza dello scoop o forse solo per fare un dispetto ai suoi ex soci, descrisse la vicenda che, con non poca reticenza, venne scritta anche sul Mattino. 

All’avvenuta morte della Bessard, la figlia venne affidata alla famiglia Scarfoglio. Matilde Serao, che da sempre era animata dalla forza del cuore e dei suoi profondi sentimenti, decise di accogliere con sé la bambina e di accudirla e crescerla con profondo affetto, facendola battezzare con il nome della madre. 

Difatti Paolina crebbe con la ferma figura di una madre amorevole al suo fianco, tanto che si dice abbia scoperto di essere stata adottata solo a diciassette anni, il giorno prima del suo matrimonio. 

La rinascita di Matilde Serao  

Nel 1900 si sciolse l’amministrazione comunale di Napoli e iniziarono le indagini ad un grande scandalo che coinvolse anche la famiglia Scarfoglio e il Mattino. Matilde Serao ed Edoardo Scarfoglio furono accusati di corruzione e di avere un tenore di vita troppo alto rispetto alle loro possibilità. 

Scarfoglio difese Matilde con precisione e puntualità, rendendo pubbliche le loro entrate, uscite e redditi della famiglia e personali. 

Matilde Serao abbandonò il Mattino e si dedicò ad una rivista, la Settimana, su cui curava una rubrica che raggiunse il successo: “Api, mosconi e vespe”. Questa assunse anche nomi simili, facendo il giro delle testate giornalistiche. 

Nel 1903 conobbe Giuseppe Natale, più giovane della Serao di quindici anni. Il giornalista fu compagno di vita e spalla per Matilde, tanto che con lui al suo fianco fondò un nuovo quotidiano, Il Giorno, diventando così la prima donna nella storia protagonista del giornalismo italiano.

Si sposarono alla morte dell’ex marito nel 1917 ed ebbero una figlia che fu chiamata dalla madre Eleonora, in onore dell’amica di una vita: la Duse

Intanto imperversava la Prima Guerra Mondiale. Erano gli anni di Mussolini e del fascismo, contro cui Matilde Serao si oppose con cautela ma tenacia. Il suo modo di scrivere la cronaca di quel tempo era sorprendentemente imparziale, il che era un atto rischioso considerando che gli altri giornali dovevano invece appoggiare il movimento mussoliniano. 

Si racconta, infatti, che durante una cena Mussolini si rivolse alla Serao chiedendole le motivazione di cotanta imparzialità e che lei rispose con indifferenza e una sottilissima ironia che non venne neppure compresa dal Duce

Alla sua candidatura al Nobel per la letteratura del 1926, Matilde Serao perse l’opportunità di ottenerlo proprio a causa di questa sua posizione nei confronti del fascismo. 

In un giorno come un altro, mentre era intenta a scrivere i suoi articoli, Matilde Serao fu colpita da un infarto improvviso e morì nel 1927. 

Alla sua morte il popolo napoletano salutò la sua paladina con una manifestazione che coinvolse la maggior parte della città di Napoli. 

Il suo corpo venne portato nella cappella di famiglia del Cimitero di Poggioreale.

Molti luoghi della città portano orgogliosamente il nome di Matilde Serao per rendere omaggio alla scrittrice. 

Poco distante dalla centralissima Galleria Umberto, tra Via Toledo e Piazza Trieste e Trento sorge la piccola Piazzetta Matilde Serao con l’omonimo hotel.

Un istituto superiore a Pomigliano d’Arco nella periferia di Napoli è intitolato alla scrittrice. 

Il Mattino promuove ogni anno il conferimento di un ambizioso premio letterario intitolato alla sua ex fondatrice. La prima edizione dell’evento per il conferimento del Premio letterario Matilde Serao è stata organizzata nel 2017.