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Piazza Bellini e Mura Greche

Piazza Bellini, 80138, Napoli

Durata esperienza: 1h

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In corrispondenza del Decumano Maggiore si trova Piazza Bellini, una delle piazze più famose di Napoli, punto nevralgico della movida partenopea, animata dai tanti bar e locali che affacciano su questa zona. Essendo un importante punto di ritrovo, spesso vengono organizzati eventi, spettacoli e musica dal vivo.

La piazza, oltretutto, è circondata da strutture eredi dell'arte barocca e rinascimentale, come il Palazzo Firrao e il Palazzo Castriota Scanderbeg. Si tratta di un punto centrale anche tra le diversi sedi universitarie, infatti è vicina al Conservatorio di San Pietro a Majella, all'Accademia delle Belle Arti e alla Biblioteca della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università degli Studi di Napoli Federico II.

Da ogni angolo di questi edifici trasuda storia: a partire dalla Biblioteca, ex convento di Sant'Antonio delle Monache a Port'Alba, che gode di un meraviglioso chiostro che vale la pena visitare. A questo si aggiungono gli affreschi di Polidoro realizzati da Caravaggio e conservati all'interno del Palazzo Firrao, per non dimenticare l'unicità del Palazzo Conca (di cui oggi resta solo una parte), la cui biblioteca ebbe l'onore di ospitare Giovan Battista Marino e Torquato Tasso.

Crocevia di tre importanti strade del centro storico, la piazza è incastrata tra Via Port'Alba (antica porta onoraria della città), Via San Sebastiano, nota anche come la via della musica per i numerosi negozi di strumenti musicali, e Via Santa Maria di Costantinopoli, cioè la via che conduce al Museo Archeologico Nazionale.

Piazza Bellini e le Mura Greche

La piazza prende il nome dal compositore Vincenzo Bellini, che studiò al vicino conservatorio di Napoli, ed è dominata da una statua a lui dedicata, realizzata intorno al 1886 dal pittore e scultore italiano Alfonso Balzico.

Sei un appassionato di storia? A Piazza Bellini è anche possibile ammirare le mura dell'antica Neapolis greca, che correvano lungo Via Costantinopoli: si tratta di un sistema di fortificazione in blocchi di tufo datato circa alla seconda metà del IV secolo a.C.

I resti delle Mura Greche, oggi protette solo da una ringhiera, sono stati scoperti per caso nel 1954, durante le fasi di installazione di una cabina elettrica. Queste ultime circondavano la città seguendo il profilo di colline e valloni, infatti ancora oggi è possibile riconoscere il loro tracciato in alcuni punti della città. Secondo alcuni studiosi, invece, le mura sono ciò che resta di una torre annessa alla porta che si apriva sull'attuale Via dei Tribunali.

Come accennato in precedenza, in questa zona si concentrano sia i resti del passato che la vita moderna dei giovani napoletani, a tutte le ore del giorno. Tra i diversi locali ricordiamo lo storico caffè letterario Intra Moenia, che in latino, non a caso, significa "dentro le mura". Nato nel 1989, questo bar ha collaborato attivamente per rendere la zona pedonale, e oggi è uno dei centri di aggregazione culturale e musicale più conosciuti della città.

Per gli amanti dell'arte, è da non perdere lo Spazio Nea. Si tratta di un café-bistrot e laboratorio dedicato all'arte contemporanea, all'intrattenimento culturale e agli eventi. Sarete accolti da un'atmosfera rilassante e ospitale, nonché carica di talento e novità.

Il Palazzo Conca

Tra i palazzi citati, quello Conca prende il nome dal principe che lo ha acquistato per trasformarlo in una meravigliosa dimora, ricca di opere d'arte, mobili raffinati, affreschi e stanze dedicate alla cultura. Nel 1694 il terremoto lo ha danneggiato fortemente, lasciando però intatta la facciata in pipierno.

La storia che si cela dietro questa struttura è abbastanza articolata: in origine il palazzo apparteneva al Conte di Venafro, Scipione Pandone, e alla sua morte passò al nipote Enrico. Durante la guerra tra francesi e spagnoli, Enrico decise di rifugiarsi a Venafro sperando di passare nel territorio pontificio, invece fu tradito e decapitato per ordine del principe d'Orange. I suoi beni, palazzo incluso, furono confiscati e Carlo V decise di donare il palazzo al marchese Ferdinado Alarçon, il quale acquistò anche un edificio vicino e una parte del giardino del monastero di San Sebastiano. A causa di alcuni problemi tra la famiglia Alarçon e i padri di San Pietro a Majella, il palazzo venne messo all'asta, e solo a quel punto venne acquistato dalla famiglia Conca, che ne fece un ritrovo mondano e letterario.

Il Palazzo Firrao

Anche Palazzo Firrao è stato edificato da Giulio Cesare di Capua, principe di Conca, a seguito dell'allargamento delle mura cittadine. Nel 1621 l'edificio fu acquistato dal principe Cesare Firrao, la cui famiglia si concentrò prevalentemente sulla facciata monumentale del palazzo, che avrebbe dovuto emulare la potenza del casato e la fedeltà agli Asburgo. Dopo essere passato in proprietà dei principi Sanseverino di Bisignano, per oltre un secolo è stato gestito dall'ARIN (Azienda Risorse Idriche Napoletana), per poi diventare nuovamente struttura residenziale.

Si pensa che per la realizzazione del Palazzo, Jacopo Lazzari e suo figlio Dionisio abbiano lavorato su un progetto di Cosimo Fanzago. Osservando la struttura, ciò che salta all'occhio fin dall'inizio sono le 7 nicchie con busti marmorei della casata Asburgo e le due statue sul portale che rievocano il mondo classico: una adagiata su un felino mentre regge una cornucopia e un'altra affiancata da un'aquila; si tratta di due figure femminili che rappresentano rispettivamente la Magnanimità e la Liberalità.

Il Palazzo Castriota Scanderbeg

Il Palazzo Castriota Scanderberg apparteneva all'omonima casata principesca albanese. Successivamente passò nelle mani del marchese Pisacane, il quale decise di modificarne in parte la struttura, innalzandolo di un piano, affrescando le volte e ingrandendo il giardino. Proprio quest'ultimo è l'ambiente più scenografico dell'edificio, grazie ad una splendida fontana Settecentesca, accessibile tramite un adrone del cortile.

Il Conservatorio di San Pietro a Majella

Il Conservatorio, dichiarato reale nel 1807 con decreto di Giuseppe Napoleone, in realtà è l'erede di alcuni conservatori più antichi, di cui ne incarna i principi caritatevoli e il panorama musicale dell'età moderna a Napoli. Inizialmente il conservatorio viene collocato nell'edificio dell'ex monastero di San Sebastiano ma, a seguito dell'avvenuta concessione dei locali di San Sebastiano ai Padri Gesuiti, nel 1826 si attua un nuovo trasferimento dell'istituzione in quella che è l'attuale sede.

Nel corso del tempo i conservatori musicali sono diventati delle vere e proprie istituzioni scolastiche, oltre che sociali: questi nascono, infatti, come istituti assistenziali per l’infanzia, specializzatisi poi in formazione musicale. La necessità di ricavare nuove fonti di guadagno per coprire le spese ha fatto sì che questa organizzazione diventasse sempre più complessa e sofisticata, con l'obiettivo di garantire una buona preparazione, una prospettiva lavorativa ai giovani e l'accoglienza di nuovi allievi esterni all'istituto.

L'Accademia delle Belle Arti

Le origini dell' Accademia risalgono al 1752, quando Carlo III di Borbone istituì le reali accademie del disegno e del nudo presso i laboratori regi. La prima sede delle accademie era un convento della chiesa di San Giovanni Battista delle Monache (vicino l'attuale Piazza Bellini), per poi essere trasferite a quello che oggi è il museo archeologico nazionale, e nuovamente reintrodotte nel precedente complesso, il cui chiostro era stato separato dalla chiesa.

Durante la Seconda Guerra Mondiale l'Accademia è stata oggetto di bombardamenti, infatti è stata chiusa fino al 1942. Dopo altre interruzioni, finalmente la struttura ha ufficialmente riaperto negli anni Ottanta, con l'obiettivo di rivoluzionare lo studio dell'arte nell'Italia Meridionale.

Non a caso, al di là dello studio classico delle arti figurative, l'Accademia prepara gli studenti a nuove materie, tra cui restauro dei beni culturali, grafica e design, oltre che a lavorare con i nuovi media.

La struttura, oltretutto, ospita al suo interno una gipsoteca, una biblioteca e una galleria museale.

La Biblioteca della Facoltà di Lettere e Filosofia

Fino agli inizi degli anni '80 il sistema bibliotecario della Facoltà di Lettere e Filosofia era costituito da una Biblioteca centrale unica per le diverse facoltà, dotata di gestione autonoma.

Successivamente, il Consiglio di Facoltà decise di realizzare una biblioteca in cui le sale di consultazione venissero divise per materie, con prima sede a S. Pietro Martire.

Dopo la ristrutturazione, la Biblioteca è stata anche visitata dal Presidente della Repubblica Sandro Pertini.

Nel 1995 l'Università degli Studi di Napoli Federico II decide di destinare il complesso di S. Antoniello a Port'Alba alla Biblioteca di Ricerca di Area Umanistica. Terminata la fase di restauro, è stato organizzato un ingente trasloco di oltre 200.000 volumi, per trasferire il materiale delle precedenti biblioteche delle Facoltà di Lettere e Filosofia e Scienze Politiche alla nuova struttura.

Soltanto nel 2009 la BRAU, Biblioteca di Area Umanistica, ha aperto le porte a studenti, docenti e studiosi.

Piazza Bellini in "Matrimonio all'Italiana"

Piazza Bellini ha fatto da sfondo a una scena del film Matrimonio all'Italiana, seguito dal celebre regista Vittorio De Sica. Il film vede protagonista Filumena Marturano, interpretata dall'amatissima Sophia Loren, che durante questa scena ha appena firmato l'annullamento del matrimonio e sorride vedendo il suo riflesso in una vetrina mentre getta il cappello che ha indossato per l'occasione.

Gli occhi più attenti noteranno che alle spalle di Filumena passa un fattorino con una grande corona di fiori bianchi e rossi. De Sica racconta che il fattorino passava di lì per puro caso, ma il colore dei fiori lo aveva rapito così tanto da chiedere allo sconosciuto di ripetere più volte le riprese della scena nonostante quest'ultimo avesse fretta di consegnare i fiori per una veglia funebre.

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