45minuti
___
Illimitato
Edificio storico
Adatto ai bambini
Adatto alle coppie
Animali ammessi
Parcheggio disponibile
Senza barriere
Supporti in lingua
Palazzo D’Avalos domina Terra Murata. L’ex Carcere dell’isola di Procida è un imponente edificio sul mare, costruito dalla famiglia D’Avalos.
Palazzo D’Avalos fu costruito nel ‘500 dalla famiglia D’Avalos, governatori dell’isola fino al ‘700.
D’Avalos con la costruzione del suo Palazzo fece realizzare l’attuale accesso a Terra Murata, il cui borgo era accessibile solo dalla spiaggia dell’Asino dopo punta Lingua. Grazie a questo collegamento si ebbe lo sviluppo urbano dell’isola con la nascita dell’insediamento del borgo della Corricella, la realizzazione del Convento di Santa Margherita Nuova e l’attuale architettura dell’abbazia di San Michele.
Il Palazzo Signorile fu dal 1734 confiscato dai regnanti borbonici, che vi istituirono il primo sito Reale di caccia per Carlo III ma in particolare per Ferdinando IV, prima della realizzazione di Capodimonte e la Reggia di Caserta.
Il complesso monumentale, dopo essere stato Palazzo Reale dei Borbone, nel 1815 venne trasformato in scuola militare e poi nel 1830 in carcere del Regno.
Fu chiuso definitivamente solo nel 1988.
Il complesso monumentale è costituito dal Palazzo D’Avalos, il cortile, la Caserma delle guardie, l’Edificio delle Celle singole, Edificio dei veterani, la Medicheria, la Casa del Direttore, il tenimento agricolo Spianata.
Oggi una semplice visita lo rivela come un posto unico, un luogo dell’anima, in cui si avverte una forte tensione emotiva. Infatti nell’ex carcere tutto è ancora lì, tra le celle e gli androni rinascimentali, consunto e fermato dal tempo: le vecchie divise, le scarpe sul pavimento polveroso e poi le brande arrugginite, le balle di cotone un tempo lavorate nell’opificio, e finanche il lettino per gli interventi ambulatoriali. Tutto sembra giacere uguale a sè stesso, sotto la bellezza mai davvero decaduta di ampie volte e capitelli.
Nel Carcere di Procida sono stati detenuti Cesare Rosaroll e Luigi Settembrini. Dopo la caduta della repubblica di Salò, dal 1945 al 1950, cioè fino all’indulto Togliatti, furono rinchiusi qui anche tutti i principali capi della “nomenclatura fascista”, da Graziani, a Teruzzi, a Cassinelli, nonchè Julio Valerio Borghese.