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L’arte di trasformare il latte è diffusa in tutta Italia, dalla mozzarella di bufala di Aversa al parmigiano reggiano. Vogliamo però raccontarvela attraverso un rituale spesso ripetuto in Campania che sa di estate.
Fin da piccolo chi dalle province del Napoletano e del Salernitano si dirige nelle zone di vacanza per raggiungere le spiagge più vicine, sa che lungo la strada che porta al meraviglioso Cilento, non si può fare a meno di fermarsi per approfittare delle magnifiche aree verdi in cui da sempre vengono allevate e pascolano le mucche e, in particolare, a partire dalla zona di Battipaglia, le bufale.
Nei caseifici l’arte del latte prende nuova vita e forma e si trasforma in formaggio, yogurt, gelato. Molti maestri dell’arte casearia mettono a disposizione il negozio per la vendita al dettaglio, altri intere aree delle proprie tenute o fattorie.
Fermarsi in questi luoghi per assaporare i prodotti che fanno del latte la loro materia prima, non è solo un’esperienza gastronomica ma è soprattutto un modo per ritrovare il gusto delle piccole cose.
Quell’incontro con gli alimenti semplici, fa parte di quella grande famiglia di azioni e di abitudini che chiamiamo radici.
Una storia recente sul latte, direttamente dal Cilento
Il Caseificio Chirico è uno dei produttori più famosi della mozzarella nella mortella
La muzzarella co’ a mortedda o int’a’ murtedda è un formaggio tipico della zona centrale del Cilento.
Da dove nasce la Mozzarella nella mortella
Un tempo non esistevano frigoriferi e non si usavano incarti, ma in tutto il Cilento era presente il mirto, una pianta con foglie lisce e non porose, perfetta per confezionare il formaggio fresco.
Si vendevano i cosiddetti “mazzi di mozzarelle”: dentro ogni mazzo (di circa 100 grammi) c’erano dieci lingue di formaggio.
La mortella funge egregiamente da copertura naturale e allo stesso tempo trasferisce alla pasta aromi e profumi molto particolari.
Il mirto in cilentano è chiamato mortella e la mozzarella preparata in questo modo si mangia fresca, dopo un massimo di 5 giorni. Si tratta di un formaggio da tavola, indicato come antipasto, servito con olive, pomodori, sottoli, condito con extravergine e un poco di origano.
Una Storia di Famiglia
Intere famiglie vivono per perpetuare le tradizioni legate alla trasformazione del latte, di generazione in generazione, si passano segreti e un approccio alla vita proprio di chi ha fatto di queste produzioni un arte, attraverso una vita salubre e dedita a lavoro.
Guarda cosa ha significato il latte per Silvia Chirico, casara che valorizza il Gelato attraverso i fiori del suo territorio.
La lavorazione del latte, un mestiere che viene da lontano
Presso tutti i popoli il latte ha sempre avuto una funzione economica e religiosa, gli ebrei, ad esempio, misuravano la fortuna del proprietario terriero in base alla quantità di latte che le sue greggi producevano.
Potrebbe stupirvi sapere che all’inizio, in Europa, venivano allevati prevalentamente cavalli e per questo i popoli Finnici e i Germani venivano chiamati dai Greci “Ippomolgoi” , mungi cavalle, perché facevano uso del latte equino.
Quando i popoli finalmente si stanziarono furono proprio i greci a praticare stabilmente l’arte casearia. I negozi dove si lavorava il latte per ottenere formaggi venivano chiamati Turopia, come ci riferisce Marco Terenzio Varrone , letterario, grammatico, militare e agronomo romano, nel suo “De Re Rustica”.
I romani appresero poi la tecnica casearia presso le colonie greche dell’Italia meridionale che conquistarono.
Il latte e il formaggio erano, del resto, ingredienti immancabili in tutti i loro piatti come testimoniano le ricette del “De Coquinaria” scritto da Sulpicio, uno psedudonimo dell’imperatore Tiberio.
Durante il medioevo la produzione di formaggi si spostò nei borghi, per poi ritrasferirsi in pianura durante l’età dei comuni.
Nella seconda metà del milleottocento, il settore lattiero caseario si sviluppa in tutta Europa grazie al progressivo miglioramento di carattere tecnico dei metodi di lavorazione, ad esempio l’introduzione delle scrematrici e nascono le prime scuole di zootecnia e caseificio.
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