Informazioni su questo tour
Gli scavi di Velia, anche conosciuti come Parco Archeologico di Elea-Velia, rappresentano una delle più importanti attrazioni culturali del Cilento. Oggi si trovano nel Comune di Ascea, in provincia di Salerno, e sono una delle più belle testimonianze degli antichi insediamenti nella cosiddetta Magna Grecia.
La cittadina di Velia era rinomata per essere il centro della scuola filosofica di Zenone e Parmenide. Al di là, però, della scuola eleatica, Velia ci racconta molto delle abitudini e della vita quotidiana che animavano la polis nei tempi più remoti. Infatti, la sua fondazione risalirebbe al 540 a.C. grazie al contributo degli abitanti del villaggio turco di Focea che lasciarono la madrepatria dopo le invasioni persiane.
Questi profughi navigarono nel Mediterraneo senza meta e approdarono poco a sud del Golfo di Poseidonia, in Cilento. In origine la città era chiamata Hyele, per poi diventare Elea e Velia in epoca romana. Il sito archeologico si estende su una zona più alta, l’acropoli, e i pendii collinari più retrostanti.
Tutto intorno ci sono delle mura perimetrali che seguono il profilo naturale del territorio. Internamente, invece, ci sono 3 quartieri differenti che comunicano tra di loro tramite dei valloni, uno dei quali caratterizzato dalla Porta Rosa, uno dei primi esempi di arco a tutto sesto presenti in Italia.
È importante precisare che dal 2020 il Parco Archeologico di Elea-Velia è stato inglobato nel Parco Archeologico di Paestum e tutt’ora sono un unico ente autonomo. Oltre ai reperti archeologici di Elea, questo polo culturale offre anche un interessante percorso trekking, ideale per chi ama l’escursionismo e la natura. Infine, è bene ricordare che il Parco Archeologico di Paestum e Velia è aperto gratuitamente al pubblico ogni prima domenica del mese.
Cosa vedere negli Scavi Archeologici di Elea-Velia
Gli scavi di Elea-Velia sorgono in prossimità della ferrovia e non distante dal borgo marinaro di Ascea Marina. Dell’antica Velia rimangono soltanto l’area portuale, le terme ellenistiche, le terme romane, Porta Marina, Porta Rosa, l’agorà, l’acropoli, il quartiere arcaico I e il quartiere meridionale.
Il sentiero attraverso il sito si snoda lungo un percorso che taglia in lungo e largo l’area del parco archeologico. La destinazione finale è l’acropoli posta più in alto, dove si potrà anche osservare la Torre di Velia, una torretta eretta in epoca medievale.
Il cammino inizia dalla città bassa, zona in cui si possono vedere i ruderi di edifici di età ellenistica e romana. Lungo la strada si incontrano diversi pannelli didattici che riportano le informazioni utili ai turisti per conoscere la storia degli scavi. L’accesso vero e proprio è nei pressi di Porta Marina sud e tra le altre cose si potranno ammirare le Terme Adriane.
Queste risalgono al II secolo d.C. e mostrano diversi ambienti del calidarium e del frigidarium. Qui è anche presente un bellissimo mosaico a tessere bianche e nere che raffigurano mostri marini e animali. Proseguendo, il sentiero diventerà più ripido e sulla destra si può notare l’agorà che in tempi più recenti è stata considerata un santuario pagano dedicato ad Asclepio, divinità guaritrice e medica.
Quest’area è suddivisa su 3 livelli, di cui quello inferiore è composto da un edificio rettangolare con porticato e fontana all’ingresso. Tale costruzione beneficiava dell’acqua proveniente dalla sorgente Hyele posta più in alto.
Continuando a salire, si giungerà all’acropoli di Elea-Velia, i cui resti sono ben visibili dal golfo di Velia. Sulla cima è possibile vedere quel che resta di un teatro romano e di altri edifici medievali, tra cui la già citata Torre di Velia, la Cappella Palatina e la chiesa di Santa Maria.
Esclusa l’acropoli, l’altra grande attrazione degli scavi di Elea-Velia è la Porta Rosa, un viadotto posto tra le due vette dell’acropoli stessa. L’arco a tutto sesto non fungeva tanto da porta, ma serviva più che altro per contenere le pareti della gola in cui era incastonato. Nel III secolo a.C. Porta Rosa è stata interrata ed è rimasta sepolta per i successivi 2000 anni. Solo nel 1964 è stata riportata alla luce.