A partire da: 0 a persona
2h
Deutsch, English, Espanol, Francais, Italiano
Illimitato
Castello
Adatto ai bambini
Adatto alle coppie
Animali ammessi
Parcheggio disponibile
Senza barriere
Supporti in lingua
Il costo del ticket è di € 6,00, acquistabile sul sito ufficiale
Il ticket è gratuito per i minori di anni 18 e over 65
La struttura si trova in Via Vittorio Emanuele III, 80133 Napoli NA, Italia
È possibile prenotare un tour con una guida turistica privata chiamando il servizio di assistenza di Movery al numero 351.5585067
Castel Nuovo sarà aperto dal lunedì al sabato dalle 8:30 alle 18:30 (ultimo ingresso ore 17:00)
I visitatori possono scegliere tra 7 turni d'ingresso, ognuno per un numero massimo di 60 partecipanti, secondo i seguenti orari: 08.30, 10.00, 11.30, 13.00, 14.30, 16.00, 17.00
La Domenica il museo è aperto dalle ore 9:00 – 14:00 con l’ultimo ingresso possibile alle ore 13:00
Dal XIII secolo l’imponente Maschio Angioino, con le sue cinque grandi torri cilindriche, rappresenta uno dei simboli della città di Napoli grazie alla sua posizione strategica in Piazza Municipio, nell’area del Porto.
Il Maschio Angioino è uno dei simboli più conosciuti di Napoli. Si tratta di un’imponente fortezza che per secoli ha protetto la città e ha visto il passaggio di re, artisti e ospiti illustri. Molti eventi storici hanno avuto luogo nelle sue sale ricche di tesori inestimabili, mentre affascinanti leggende dal sapore medievale aleggiano ancora oggi nei suoi sotterranei.
Oggi il castello ospita eventi e spettacoli culturali ed è sede permanente del Museo Civico, oltre che della biblioteca della Società napoletana di Storia Patria.
Il Maschio Angioino, conosciuto anche con il nome di Castel Nuovo, è un castello medievale e rinascimentale costruito su volere di Carlo I d’Angiò che, dopo aver sconfitto gli Svevi, salì al trono di Sicilia e spostò la capitale da Palermo a Napoli.
Fin dall’inizio esso venne chiamato Castrum Novum per distinguerlo dai più antichi Castel dell’Ovo e Castel Capuano. Il castello “Nuovo” fu realizzato per fare da guardiano alla città da incursioni nemiche, infatti la posizione in cui fu edificato era di strategica importanza e andava a completare un sistema difensivo che precedentemente aveva come protagonisti il Castel dell’Ovo, (ormai troppo vecchio e obsoleto per i sistemi d’attacco dell’epoca) e Castel Capuano, che era stato fino a quel momento la residenza reale di Napoli, ma in posizione poco strategica e lontano dal mare.
Assegnato il progetto all’architetto francese Pierre de Chaulnes, i lavori per la costruzione del Castrum Novum presero il via nel 1279 per terminare pochissimi anni dopo, un tempo brevissimo viste le tecniche di costruzione dell’epoca e la mole complessiva dell’opera. Il re tuttavia non vi dimorò mai: in seguito alla rivolta dei Vespri siciliani, che costò all’Angioino la corona di Sicilia, (conquistata da Pietro III d’Aragona) e ad altre vicende, la nuova reggia rimase inutilizzata fino al 1285, anno della morte di Carlo I.
Il nuovo re Carlo II, detto lo Zoppo, si trasferì con la famiglia e la corte presso la nuova residenza, che fu da lui ampliata e abbellita.
Una prima ristrutturazione del castello si ebbe nel 1308 con Roberto il Saggio, che ospitò anche illustri personaggi dell’epoca, come Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio, e chiamò i migliori pittori, come Pietro Cavallini e Montano d’Arezzo, ad affrescare le pareti del castello. Nello stesso periodo anche Giotto fu protagonista della decorazione della Cappella Palatina, inglobata nel cuore del castello, con il ciclo di racconti del Vecchio e Nuovo Testamento, purtroppo eliminato nel XV secolo.
La fortezza passò molte volte di mano, Carlo III di Durazzo se ne impossessò in occasione della presa di Napoli, successivamente lo lasciò al figlio Ladislao.
Alfonso il Magnanimo d’Aragona, dopo aver conquistato Napoli nel 1443, decise di riordinare la struttura, dotandola di nuove mura difensive e di uno spettacolare arco trionfale. La fortezza, affidata alle sapienti mani dell’architetto maiorchino Guillem Sagrera, assume uno stile gotico.
Con la caduta di Ferdinando II e Federico I d’Aragona, Napoli cadde in mano alla corona di Spagna, e in questo modo il Regno di Napoli venne a configurarsi come vicereame. Fu da quel momento che Castel Nuovo diventò un semplice presidio militare, perdendo la funzione di residenza reale.
All’inizio del XVI secolo il castello fu dotato di nuovi bastioni e di fossati, segni ancora evidenti nella struttura.
Castel Nuovo fu nuovamente ristrutturato da Carlo Sebastiano di Borbone, salito al trono di Napoli nel 1734. Con i nuovi governanti il castello perse definitivamente il ruolo di sede regia. I Borbone fecero iniziare la costruzione di nuove residenze reali, come Palazzo Reale o la Reggia di Caserta, tra le altre.
L’ultimo restauro consistente si ebbe nel 1823 con Ferdinando I, mentre nel ‘900 vennero attuate solo alcune sistemazioni di carattere estetico nella zona che circonda il castello. Vengono infatti demoliti gli edifici che affiancavano il castello per far posto ad un giardino.
La Cappella Palatina si trova all’interno del perimetro della fortezza, costruita dagli Angioini. Cominciata nel 1307, la struttura ha mantenuto il suo aspetto originario durante i suoi 7 secoli di vita. La cappella, o chiesa di “San Sebastiano” o di “Santa Barbara”, unico elemento superstite del castello angioino trecentesco, si affaccia con la parete di fondo sul porto, mentre sul cortile presenta la facciata, adornata da un portico rinascimentale e uno splendido rosone.
La struttura fu in parte restaurata alla fine del XV secolo, a causa di un forte terremoto avvenuto nel 1456. La struttura interna presenta uno stile gotico, con finestre che illuminano le sale e le opere d’arte. Le pitture visibili sono attribuite all’artista fiorentino Maso di Banco. Numerose sono le sculture ospitate dalla cappella, come “Il Tabernacolo con la Madonna e il Bambino” di Domenico Gagini, allievo di Donatello e Brunelleschi.
Sono stati invece distrutti, nel XV secolo, gli affreschi di Giotto relativi ad un ciclo del Vecchio e Nuovo Testamento.
L’Arco Trionfale, che segna l’ingresso al castello, fu costruito tra il 1453 e il 1468, tra le torri “di Mezzo” e “di Guardia”, che difendono l”entrata della fortezza. L’opera si ispira agli archi trionfali di epoca romana e ospita rilievi dei Trionfi di Alfonso. Un arco inferiore presenta colonne corinzie, mentre il secondo arco sormontante è adornato da colonne ioniche. Sull’attico sono situate le statue delle quattro virtù, sormontate da un coronamento semicircolare con in cima la statua di San Michele. L’arco segna un importante snodo di passaggio all’interno della storia dell’arte italiana, il monumento presenta le caratteristiche di un traghettamento stilistico dal gotico al moderno.
La Cappella di San Francesco da Paola porta il nome del santo calabrese proprio perché lo ospitò durante un suo viaggio per Parigi. Essa fu consacrata nel 1668, dopo un restauro in stile barocco. La volta quattrocentesca fu disegnata da Guillem Sagrera, ma fu distrutta durante la Seconda Guerra Mondiale.
La Sala dell’Armeria, situata alla sinistra della Cappella Palatina, ospitava l’arsenale bellico del castello. Ma la bellezza di questa sala è dovuta al rinvenimento di importanti reperti archeologici di epoca romana, che vanno dal I secolo a.C. al V d.C., oggi visibili grazie ad una pavimentazione in vetro.
La Sala dei Baroni è la principale sala del castello. Chiamata Sala Maior, essa è nata come Sala del Trono e fu voluta da Roberto d’Angiò, che chiamò addirittura l’artista Giotto per affrescarne le pareti (pitture oggi perdute). Un importante evento diede il nome alla sala: alcuni baroni, che congiurarono contro re Ferrante I, furono qui arrestati e messi a morte dopo essere stati invitati, con l’inganno, al matrimonio della nipote del re. La sala ospita il portale marmoreo bifronte realizzato da Domenico Gagini, con bassorilievi raffiguranti Alfonso V d’Aragona, che volle ristrutturare il castello. Inoltre, fino al 2006, la sala ospitò le riunioni del Consiglio comunale di Napoli.
La Cappella delle Anime del Purgatorio è probabilmente da identificare con la trecentesca cappella di San Martino di Tours. La sala è frutto delle modifiche al castello del XVI secolo volute dai viceré spagnoli. L’interno presenta una decorazione in stile barocco, con l’altare maggiore abbellito da un dipinto della Madonna del Carmine con San Sebastiano, papa Gregorio I e le anime del purgatorio.
A Napoli ogni leggenda è storia, e anche Castel Nuovo viene investito da una famosa leggenda.
Al di sotto della Cappella Palatina si trovano due sale adibite, ai tempi, a prigione: la prigione “del Miglio” e quella “dei Baroni”. La prigione del Miglio era inizialmente usata come deposito di grano, ma in seguito venne usata anche per segregare i prigionieri condannati a pene più severe. Nel momento in cui questa fu utilizzata come prigione, essa divenne teatro di strani avvenimenti e sparizioni, a causa dei quali fu incrementata la vigilanza. I prigionieri sparivano in circostanze del tutto misteriose.
Ma il dilemma non tardò ad essere risolto: un grosso coccodrillo si infiltrava all’interno della prigione e prendeva con sé i malcapitati. Il coccodrillo, infatti, penetrava da un’apertura nel sotterraneo e trascinava in mare i detenuti per una gamba dopo averli azzannati. Una volta scoperto questo, furono sottoposti alle fauci del rettile tutti i condannati che si volevano mandare a morte senza troppo scalpore. In seguito per uccidere il coccodrillo fu usata come esca una grande coscia di cavallo avvelenata, e il rettile, una volta morto, venne impagliato ed agganciato sulla porta d’ingresso del castello.
La seconda sala, la cosiddetta prigione dei Baroni, è direttamente collegata alla Cappella Palatina da una scala a chiocciola, e reca questo nome proprio per la congiura dei Baroni svoltasi nella Sala del Trono nel 1485. Qui si presentano al cospetto dei visitatori quattro bare senza alcuna iscrizione e sono probabilmente quelle dei nobili che presero parte alla congiura, che in seguito rimasero per sempre all’interno di questa buia e angusta sala.
Sul finire dell’Ottocento, i sudditi decisero di chiamarlo informalmente Maschio Angioino, per rimarcare la possanza della sue svettanti torri (maschio, ovvero torrione), e l’incisività che la casata dei D’Angiò ebbe nel tessuto politico e culturale napoletano, soprattutto per aver raccolto presso la residenza pensatori e artisti di prim’ordine del panorama italiano.
Il Castello fu teatro della celebre abdicazione di papa Celestino V e la conseguente elezione di Bonifacio VIII nel 1294.
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