A partire da: 0 a persona
1h
Italiano
Illimitato
Montagna
Adatto ai bambini
Adatto alle coppie
Animali ammessi
Parcheggio disponibile
Senza barriere
Supporti in lingua
l momento per usufruire delle corse si accede al servizio con il biglietto dei bus da 1,30 euro
Gli orari dal 9 aprile 2024, sono dalle 7:00 alle 22:30 (ultima corsa in salita ore 22, ultima corsa in discesa ore 22,30) e si potrà usufruire dell’ascensore e accedere al belvedere
Il Monte Echia, anticamente chiamato Euple o Emple, da Euplea di Stazio, è un promontorio roccioso in tufo giallo, situato a Pizzofalcone, nel quartiere di San Ferdinando a Napoli. In seguito il nome si trasformò prima in Epla, Hecle, Ecla, Echa, per poi giungere all’odierno Echia.
Conosciuto anche come Monte di Dio, per l’omonima chiesa con convento fondata proprio in questa zona nel XVI secolo, la collina di Pizzofalcone, dove è situato il Monte Echia, è ricca di storia e cultura.
I Cumani vi fondarono alla fine dell’VIII secolo a.C. Parthènope, città della Magna Grecia, approdo sicuro data la posizione particolarmente favorevole dello sperone roccioso circondato dal mare fra il borgo di Santa Lucia e la conca di Chiaia, sopra l’isolotto di Megaride. Fu il primo insediamento urbano da cui è nata l’antica Neapolis, che ora è la città metropolitana di Napoli.
Nel 1442, in seguito all’assedio di Napoli da parte di Alfonso V d’Aragona, qui fu costruito un bastione, detto Fortelicio di Pizzofalcone, rimasto poi a protezione della città.
Molti anni dopo, tra l’800 e il 900, la zona è stata completamente stravolta: il Lungomare fu sostituito da una nuova strada, Via Partenope, lungo la quale sono stati costruiti lussuosi alberghi ed edifici che hanno purtroppo nascosto il Monte Echia, ora visibile solo in parte percorrendo Via Chiatamone.
Oggi il Monte Echia è un sito archeologico. Qui sono stati ritrovati alcuni resti dell’immensa Villa di Lucio Licinio Lucullo, fatta edificare dall’omonimo patrizio romano nel I secolo a.C.
La Villa si estendeva dall’isolotto di Megaride, dove ora troviamo il Castel dell’Ovo, fino al lato sud del Monte.
Accanto ai ritrovamenti archeologici troviamo il meraviglioso Belvedere di Pizzofalcone, attualmente in ristrutturazione, che offre un magnifico panorama sull’intero Golfo di Napoli.
Nel 200 Carlo I° D’Angiò, re di Sicilia e di Napoli, fece edificare qui una falconeria per la caccia, da qui forse il nome Pizzofalcone. La leggenda vuole invece si chiami così semplicemente per la sua caratteristica forma a becco di falco.
Inoltre, sulla parte più alta di Via Monte di Dio sorge il Gran Quartiere di Pizzofalcone, oggi Caserma Nino Bixio, costruita intorno al 1670 dal viceré Pedro Antonio di Aragona per trasferirvi la guarnigione spagnola, fino a quel momento stanziata nella zona dei Quartieri Spagnoli.
La collina ospita anche uno dei più antichi istituti di formazione militare d’Italia e del mondo, la Scuola Militare Nunziatella di Napoli, fondata il 18 novembre 1787, dove un tempo i Gesuiti svolgevano il noviziato.
Negli anni XX, fu costruito qui, l’ascensore di Pizzofalcone, che collegava l’omonima zona alta della città, con il sottostante tunnel della Vittoria e alla vicina Via Chiatamone.
Con una struttura molto ampia, era capace di ospitare sino a dieci persone per corsa, potrebbe sembrare semplicemente un ascensore, ma avere una struttura del genere nel ‘900 è stato fondamentale poiché lì la Scuola Militare della Nunziatella e il quartiere di Pizzofalcone costituivano il nucleo centrale di Napoli. Si dice che i napoletani si recassero qui a cercare moglie poiché c’erano le donne più belle della città.
Nel 1966 la proprietà dell’ascensore passò dal Comune di Napoli alla SIP, poiché la parte alta della struttura terminava nel nuovo Palazzo Pacanowski, dal nome dell’architetto.
Nello stesso anno fu rimodernato, per poi essere riaperto nel 1968, ma fu chiuso subito dopo per infiltrazioni d’acqua, da allora è in totale abbandono.
L’area sottostante del Monte Echia, interamente composto da tufo giallo, chiamato in seguito napoletano, era caratterizzata da caverne e cavità scavate nella roccia a causa del fenomeno dell’erosione dell’acqua di mare, chiamate dai greci “platamonie”, ovvero grotte . Erano luoghi ideali come riparo per le barche ma anche come abitazione, grazie alla presenza di acqua di sorgente.
I greci col tempo compresero che la roccia vulcanica di quelle grotte era ideale per costruire, poiché leggera ma resistente allo schiacciamento, estraibile con facilità e facilmente trasportabile attraverso i tanti canali e pozzi che i greci realizzarono.
Queste grotte furono utilizzate anche come luoghi di culto e come terme in epoca romana, data la presenza di sorgenti sulfuree, ma studi recenti hanno evidenziato che probabilmente furono utilizzate come abitazioni già in età preistorica.
Ancora visibili sotto il Monte Echia, sono diventate in alcuni casi garage e parcheggi, di svariati piani, o addirittura abitazioni moderne.
A partire da Via Chiatamone, troviamo le rampe di Pizzofalcone, o anche dette rampe di Lamont Young dal nome dell’architetto, che con un percorso a zig zag ci portano fino al Monte Echia nel quartiere San Ferdinando.
Queste rampe furono costruite per volere di Ferrante Loffredo, proprietario di Palazzo Carafa di Santa Severina.
In cima alle rampe sorge Castello Aselmeyer, palazzina gotica edificata da Lamont Young nel 1922, oggi conosciuta come Villa Ebe dal nome della moglie dell’architetto, Ebe Cortazzi, che abitò lì fino agli anni 70.
Metà della villa è stata purtroppo distrutta da un bombardamento durante la seconda guerra mondiale. Si dice che tra le mura della palazzina si aggiri il fantasma dell’architetto, suicidatosi nel 1929.
Negli ultimi anni è sorto un forte interesse nei confronti di questo quartiere grazie al romanzo giallo “I bastardi di Pizzofalcone” di Maurizio De Giovanni, scrittore italiano, che racconta di quattro investigatori che si ritrovano ad affrontare un delicato caso di omicidio.
Dal libro è stata tratta anche l’omonima fiction televisiva, con il celebre Alessandro Gassmann.
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