A partire da: €6.00 a persona
1h
Deutsch, English, Espanol, Francais, Italiano
Illimitato
Chiesa
Adatto ai bambini
Adatto alle coppie
Animali ammessi
Parcheggio disponibile
Senza barriere
Supporti in lingua
Il Tesoro di San Gennaro conserva una collezione unica al mondo che racchiude circa settecento anni di storia, nata grazie alle numerose donazioni di devoti e al lavoro di tutela della Deputazione. Questo gioiello di arte ed architettura barocca è riconosciuto a livello mondiale. Fanno parte della collezione alcuni dei capolavori più significativi del Seicento e Settecento. Tra i capolavori del Tesoro spiccano la Mitra Gemmata e la collana di San Gennaro, opere di inestimabile valore artistico e storico.
Il percorso comprende la visita della Cappella del tesoro di San Gennaro attigua al Duomo di Napoli, luogo simbolo della devozione popolare in cui sono custodite le reliquie del Santo. Un esempio di riconoscibilità degli argenti del tesoro sono sicuramente gli Splendori, candelieri settecenteschi che troneggiano di fronte all’altare maggiore.
Vale la pena osservare con attenzione, oltre a questi e al leggendario busto di San Gennaro, le quasi cinquanta sculture: le diciannove sculture in bronzo a figura intera rappresentano i Santi compatroni, e in corrispondenza di ognuna delle sculture vi sono busti in argento che portano sul petto una reliquia, una milizia sovrannaturale di cinquantaquattro santi. Tra il Seicento e il Settecento, per lavorare l’argento e realizzare queste opere, in città erano attivi oltre trecento orafi, le cui squadre, formate da artigiani d’eccelenza, competevano l’una con l’altra.
L’Altare Maggiore fa da sipario a un tabernacolo d’argento, incassato nel muro e nascosto da una tenda rossa, dove è custodita l’ampolla del sangue del San Gennaro: la liquefazione del sangue, o miracolo di San Gennaro, è attesa dai fedeli per ben tre volte l’anno come segno di buon auspicio.
L’archivio storico del museo, che conserva documenti, spartiti e registri, è uno dei pochi ad essere giunto intatto ai nostri giorni, superando i conflitti della Seconda Guerra Mondiale.
La storia della Reale Cappella del Tesoro di San Gennaro è stata scritta dal rapporto viscerale tra il popolo di Napoli e il proprio Santo protettore. La Cappella, che si trova all’interno del Duomo di Napoli, non appartiene, infatti, alla Diocesi, bensì ai napoletani. Varcato il cancello monumentale che la separa dal duomo, si apre uno spazio sacro governato da un organo laico: la cosiddetta Deputazione.
Nel 1526 Napoli era stremata da una lunga serie di disgrazie: la guerra tra gli Angioini e gli Spagnoli, il Vesuvio che, tra eruzioni e terremoti, costringeva i Napoletani in una situazione di costante pericolo e, non ultima, una tremenda peste che aveva provocato la morte di diecine di migliaia di persone.
I napoletani, ormai sfiniti, decisero di rivolgersi a San Gennaro con un voto pubblico affinché ponesse fine a queste calamità e gli promisero che, in cambio della grazia, gli avrebbero dedicato una Cappella senza pari.
Fu così che, il 13 gennaio 1527 il popolo di Napoli, alla presenza di un notaio, s’impegnò solennemente con il Santo, chiedendogli l’intercessione per la cessazione della peste e firmando, in tal senso, un vero e proprio contratto. San Gennaro era considerato fisicamente presente attraverso le sue reliquie e, davanti ad esse e ad altri tre notai, i componenti di quella che è stata nominata Deputazione, firmarono a nome della città.
La progettazione della cappella è stata affidata a Francesco Grimaldi, un architetto molto famoso in quell’epoca.
Nonostante fosse stato deciso di invitare pittori da altre città, la scelta non fu condivisa dai pittori napoletani, offesi per essere stati esclusi da uno spazio simbolicamente così importante per la capitale del regno; alcuni addirittura minacciarono i pittori inizialmente incaricati. La Deputazione a quel punto contattò Domenico Zampieri, detto il Domenichino, uno dei grandi padri della pittura barocca in Italia. Nel 1631 fu finalmente stipulato il contratto, oggi conservato nell’archivio della deputazione.
Non tardarono ad arrivare, anche all’artista, minacce e intimidazioni. Il Domenichino decise di fuggire da Napoli e rientrò solo su insistenza degli amici e a causa dell’imprigionamento della moglie e della figlia che furono tenute in ostaggio dai napoletani. A quel punto il pittore completò i suoi lavori, che comunque suscitarono consenso ed entusiasmo unanimi, ma il 6 aprile 1641 la morte lo colse improvvisamente; si pensa che la causa della morte sia avvelenamento.
Il completamento della cupola fu quindi affidato a Giovanni Lanfranco, che vi rappresentò il paradiso. Successivamente Jusepe de Ribera, chiamato lo Spagnoletto, fu incaricato di dipingere il San Gennaro illeso nella fornace ardente, situato sull’altare della cappella di destra.
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