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Il Carnevale è quella festa in cui le risate e le urla dei bambini animano a pieno le strade, mentre colori, coriandoli e musica inondano ogni angolo della città.
Ogni anno sul lungomare, nei centri storici e nelle piazze di tutti i paesi vengono organizzate sfilate e parate a tema, dove i bambini e i ragazzi fanno a gara a chi indosserà il costume più originale; ricordiamoci, però, della regola “a Carnevale ogni scherzo vale”, però attenzione: a volte viene interpretata fin troppo alla lettera!
Le origini del Carnevale
Le origini del Carnevale sono molto antiche e derivano da tradizioni pagane. In particolare, l’usanza tipica di indossare delle maschere deriva dalla credenza secondo cui queste ultime avrebbero allontanato gli spiriti maligni. Nel corso dei secoli, soprattutto con l’avvento del Cristianesimo, questa concezione si è attenuata, ma non è cambiata l’abitudine di travestirsi e immedesimarsi nei personaggi più disparati.
Già nel XIII secolo il re Carlo di Borbone amava organizzare feste in grande e giochi per tutto il popolo installando tra le strade principali della città le cosiddette “cuccagne”, dei pali in legno sulla cui cima veniva appeso del cibo per avviare un’animata gara tra la plebe, vinta dal primo arrivato sulla punta. Da qui nasce l’attuale gioco della cuccagna: col tempo il premio venne sostituito dal denaro, fino alla bandierina che viene utilizzata oggi per il puro scopo di divertirsi e tramandare l’usanza.
Le famose sfilate con i carri tipiche del Carnevale, venivano già organizzate in quel periodo dai nobili napoletani, ma in maniera diversa: l’ordine era quello di riempirle con leccornie e bontà di tutti i tipi sugli alberi posti al centro del grande carro, spesso unti con grasso di animale o sapone. Da qui incominciava il gioco, che purtroppo spesso e volentieri si trasformava in una vera e propria tragedia per la ferocia con cui ci si voleva accaparrare il cibo. Anche conosciuta come “abbuffata“, non poteva mai mancare prima del digiuno quaresimale.
A proposito, hai già letto il nostro articolo sui dolci tipici del carnevale napoletano?
Le maschere della tradizione napoletana
Tutti, italiani e non, conoscono Pulcinella, la maschera carnevalesca per eccellenza e anche il simbolo di Napoli.
Ci sono diverse ipotesi sulle origini del nome: la prima che derivi da pulce, la seconda da “pollo o pulcino” del quale ricorda la voce minuta e un po’ effemminata; un’altra teoria afferma che derivi da un cognome molto presente nella realtà locale dell’epoca, cioè Pulcinello o Polsinelli.
Già diffusa nella cultura popolare del Cinquecento, la maschera di Pulcinella prende vita nel Seicento grazie alla commedia “La Lucilla costante con le ridicole disfide e prodezze di Policinella”, scritta dall’attore Silvio Fiorillo, il quale ricreò quei famosi lineamenti ispirandosi al volto di un contadino di Acerra, con il naso lungo e il viso scurito dal sole battente della campagna.
La sua figura è associata ad un personaggio scansafatiche ma furbo, il cui unico pensiero è mangiare e bere, chiacchierone, goffo e pazzerello, dall’aspetto ingobbito, con una maschera nera dal naso adunco, il cappello e i vestiti bianchi e larghi fermati in vita da una cintura nera.
Con la sua innata comicità e la sua astuzia riesce ad ingannare tutti e a prendersi gioco dei potenti in modo ironico e irriverente, rappresentando a pieno la natura del popolo napoletano.
Pulcinella è diventato fin da subito il protagonista degli spettacoli di burattini e marionette come eroe alternativo che combatte i nemici della vita quotidiana. È facile notare dei richiami a questo personaggio tra le strade di Napoli, soprattutto a San Gregorio Armeno.
Un’altra maschera tipicamente napoletana è Tartaglia, il cui nome deriva dal matematico Niccolò Fontana, anche detto Niccolò Tartaglia per la sua balbuzie. Da qui nasce la figura della commedia d’arte napoletana, dalla fisicità particolare e dall’aspetto strambo in quanto corpulento ma con il viso sbarbato e la testa rasa, che indossa un abito con un mantello particolarmente colorato con strisce gialle e verdi, ampio collare bianco e occhiali verdi.
Sono proprio queste bizzarre caratteristiche che scaturiscono una risata in chiunque lo osservi.
Molti di voi forse conosceranno il personaggio francese Scaramouche, la cui immagine in realtà nasce dal capitano napoletano Scaramuzza; fu l’attore Tiberio Fiorilli a portarlo in Francia nel 1640, dove il personaggio fanfarone e vanaglorioso vestito con l’uniforme nera spagnola cambiò carattere e sostituì la spada con la chitarra.
Vi ricorda qualcosa la frase: “Scaramouch, Scaramouch, will you do the Fandango!”?
Sicuramente avrete riconosciuto in questa espressione la celebre canzone dei Queen, Bohemian Rhapsody, dove Scaramuccia viene ricordato nella sua veste primitiva, da personaggio litigioso e incline alla lotta.
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