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Tra la parte più alta della città e la collina dei Camaldoli, dominata dal caos dei passanti e dei turisti al centro di Napoli, si trova Materdei. un vero e proprio museo a cielo aperto ideale per i desiderosi di arte e cultura con una scoperta ad ogni angolo.
Materdei si divide in una zona più antica a valle e una zona più recente a monte, edificata dopo la Seconda Guerra Mondiale. Scopriamo insieme i luoghi da poter visitare nel celebre rione.
Piazzetta Materdei è il cuore pulsante dell’intero quartiere, situata tra la via omonima, Vico Medici, Calata Fontanella e Salita Porteria a San Raffaele, tra la zona bassa di Napoli e il Vomero. Prende il nome dall’antica chiesa rinascimentale Santa Maria Materdei ed è l’epicentro della vita culturale della zona.
Il Complesso di Santa Maria di Materdei è una struttura conventuale fondata da padre Agostino de Juliis dell’Ordine dei Serviti nel 1587, modificata e ampliata nel corso dei secoli. Nel 1728 Tagliacozzi Canale realizzò un intervento in stile barocco e nel 1777 la chiesa fu quasi del tutto ristrutturata. Qui si potevano trovare splendide tele come l’Addolorata del Solimena and the Holy Family by Lorenzo Caro.
Nel XIX secolo ci fu la prima soppressione degli ordini e il complesso diventò una caserma: le tele andarono perse, la chiesa venne abbandonata. Soltanto nel 1852 venne riaperta al culto e rimaneggiata ulteriormente assumendo l’aspetto che vediamo oggi. Il Chiostro invece venne acquistato dalle Figlie della Carità che lo trasformarono in un educandato femminile, oggi sede di un istituto scolastico.
The Fontanelle Cemetery è un pezzo importante dell’anima di Napoli: quando un napoletano vive una situazione di difficoltà, si rivolge alle anime del Purgatorio per chiedere una grazia.
Si trova in Via Fontanelle e nasce come necropoli greca ma in seguito venne trasformato in cimitero cristiano e le cave di tufo giallo della collina di Materdei present in the area were also used to give dignified burial to those who could not afford it.
Nel 1656 la grande peste colpì il Regno di Napoli e nel 1836 ci fu il colera. La pestilenza generò uno scenario apocalittico con cadaveri sparsi per la città, immondizia e malattie varie che si propagavano velocemente e proprio in questi momenti il luogo venne maggiormente utilizzato come deposito di cadaveri. L’utilizzo delle cave permise di togliere i morti dalla città e adottare le giuste misure per debellare anche la peste ma a causa del sistema fognario praticamente inesistente un giorno la cava si allagò i resti furono riportati in superficie, dando vita ad uno spettacolo raccapricciante, così si decise di dare alle ossa una disposizione costruendo un altare e riconoscendo ufficialmente la cava come ossario.
Qui si svolgeva un rito particolare, detto il rito delle anime pezzentelle: l’adozione e la sistemazione in cambio di protezione di un cranio, chiamato shawl, al quale corrispondeva un’anima abbandonata detta pezzentella. I devoti sceglievano un teschio, lo pulivano, costruivano un altarino con lumini e rosari e iniziavano a pregare per l’anima prescelta che veniva loro in sogno chiedendo delle preghiere per alleviare le pene del Purgatorio in cambio di una grazia. Se la grazia avveniva, il teschio veniva posto in un luogo più protetto: una scatola di latta, teche di vetro o veri e proprio loculi per chi poteva permetterselo. Se la grazia non arrivava, il teschio tornava assieme a tutti gli altri e si provava con un altro. Tradizione vuole che quando lo spirito compie la grazia, il teschio inizi a sudare, indicando in questo modo la sua intercessione nel mondo dei vivi.
Fondata da Umberto Raucci e Carlo Santamaria nel 1992, prima si trovava in Piazza Santa Maria la Nova ma nel 2004 è stata trasferita nella zona del National Archaeological Museum of Naples and the Museum of Capodimonte. L’obiettivo della galleria è concentrarsi su nuovi linguaggi artistici e la sperimentazione nell’arte contemporanea attraverso il lavoro di giovani artisti emergenti internazionali ma ha anche rivolto la sua attenzione ad alcuni artisti della generazione precedente, punti di riferimento sia per i critici che per i giovani artisti.
In Via Fontanelle, a due passi dal cimitero e dalle catacombe si trova l’Acquaquiglia del Pozzaro, un basso attraverso il quale si compie un viaggio misterioso a confine con il mondo dei vivi e dei morti nel sottosuolo di Napoli.
Vincenzo Galiero, proprietario del basso, un giorno scopre questo tesoro sotto i suoi piedi: cunicoli e antiche vasche usate come cisterne e pozzi. Oggi è proprio lui che guida i visitatori alla scoperta di leggende e superstizioni.
Il nome Acquaquiglia del Pozzaro deriva da un’antica fontana del 1500 nei pressi della Church of Santa Maria la Nova dove l’acqua era detta Aquilia o Acquaquilia. Quest’acqua si riversava in un’altra fontana, quella del Molo Piccolo, in una vasca a forma di conchiglia detta quaquilia, da qui il nome Acquaquiglia.
Tanti reperti della vita di tutti i giorni per fare un viaggio nella vita quotidiana del passato, dai biglietti dell’autobus ai sanitari di fine 800 e ai souvenir americani del 1944, tutta la storia di Napoli racchiusa in quattro mura.
Si trova nella sede provvisoria della Casa dello Scugnizzo a Materdei e Gaetano Bonelli è il fondatore che da anni colleziona oggetti legati alla storia di Napoli.
Fondata nel 1759 per volere di Marco Celentano e Michele Lignola, in Via Amato di Montecassino si trova la Chiesa di San Raffaele, il santo protettore dei pescatori.
La facciata si divide in due ordini raccordati da volute e coronati da un timpano triangolare e l’interno è croce greca, allungato longitudinalmente dall’atrio d’ingresso e dalla zona absidale. La cupola è impostata direttamente sul vano centrale senza tamburo e termina con un lanternino che dona tanta illuminazione interna. Il pittore Angelo Mozzillo realizzò nelle basse volte della chiesa due opere, Tobia e Sara nella casa di Tobi e l’arcangelo Raffaele.
All’interno della chiesa si trova la statua dell’arcangelo Raffaele, raffigurante il santo con due pesci, riferimento all’episodio biblico nel quale il giovane Tobia deve attraversare un fiume ma un pesce glielo impedisce e arriva in suo aiuto l’arcangelo che lo cattura, così Tobia attraversa il fiume e sposa la sua amata Sara.
Questa storia ha dato vita ad un’arcaica tradizione: le ragazze che non hanno marito o le donne in attesa di un figlio sono invitate a baciare il pesce del santo come buon augurio, un rito che unisce sacro e profano. Ancora oggi si dice Va’ a vasà ‘o pesce ‘e San Rafèle quando il 24 ottobre si celebra la sua ricorrenza, parole dal prevedibile doppio senso.
Chiesa monumentale fondata nel 1743 da padre Francesco Pepe, insieme ad un conservatorio per ragazze, diretto da un magistrato ordinario reale e considerato uno dei migliori dell’epoca.
La chiesa è ad aula unica con tre piccole cappelle laterali e notevole è l’altare maggiore. Nel cortile del conservatorio si trovava originariamente la Guglia dell’Immacolata attribuita a Giuseppe Astarita, oggi in Via ugo Falcanco. Oggi purtroppo la chiesa non è visitabile.
The Chiesa Cor Jesu, detta anche del Santissimo Cuore di Gesù o ancora Chiesa di Gesù nell’orto degli ulivi si trova tra la Chiesa della Concezione e la Chiesa di San Raffaele a Materdei.
Padre Ludovico da Casoria, il santo della carità, acquistò l’educandato femminile della Concezione trasformandolo nella sede dell’Opera degli Accattoncelli e delle Accattoncelle, chiesa conclusa nel 1886. La struttura odierna è una ricostruzione novecentesca la cui facciata si articola in due ordini: al centro dell’ordine inferiore c’è il portale con un argo neogotico al cui interno si trova un bassorilievo di Gesù che soffre nell’orto del Getsemani, l’ordine superiore ha due coppie di paraste doriche con rosone centrale.
Un altra chiesa monumentale di Naples nel rione Materdei, è stata fondata agli inizi del XVII secolo, come voto del capitano D. Andrea d’Aragona, un abitante del posto. Modificata durante il secolo successivo, oggi la navata è sopraelevata alla strada e nell’ipogeo le ornie in pietra della finestra della cripta sono caratterizzate da teschi. Sull’altare maggiore troviamo una tela del pittore italiano Lorenzo de Caro mentre sui due laterali ci sono statue lignee dell’Addolorata e San Pompilio.
In Via Matteo Renato Imbriani sorge il Monastero di Sant’Eframo Nuovo fondato nel 1572 su un fondo di Gianfrancesco di Sangro, principe di Sansevero. I frati cappuccini lo acquistarono grazie alla donazioni della nobildonna Fabrizia Carafa e vi crearono un imponente complesso: 160 stanze per i frati, due chiostri, cortili, orti e aree comuni. Vicino al Monastero si trova l’omonima chiesa fondata nel 1661.
Nel 1840 un incendio distrusse quasi ogni cosa, si salvarono una statua di San Francesco d’Assisi, opera di Giuseppe Sammartino e una statua della Madonna proveniente dal Brasile. Il re Ferdinando II delle Due Sicilie la fece restaurare in pochissimo tempo e già nel 1841 fu riaperta.
Dal 1925 il monastero subì grandi cambiamenti diventando un manicomio criminale e nel 1975 un ospedale psichiatrico giudiziario poi trasferito al Centro Penitenziario di Napoli – Secondigliano.
Abbandonata a sé stessa, nel 2015 il Collettivo Autorganizzato Universitario di Napoli ha creato l’Ex OPG Occupato Je so’ pazzo per restituire alla città uno dei suoi beni.
Palazzo monumentale di Napoli in Salita San Raffaele, prima casino di caccia, diventato residenza a metà del XVIII secolo con il principe Giuseppe Maria d’Aragona.
Si pensa sia stato progettato da Ferdinando Sanfelice che morì all’inizio dei lavori, affidati poi al suo collaboratore Giuseppe Astarita.
Si trova in una zona di difficile accesso dove una ripida salita conduce ad un portale in piperno a tutto sesto. Superato l’ingresso c’è il primo cortile e poi il secondo presenta una scala a matrice ottagonale, inusuale per lo stile napoletano.
Nel 1785 fu restaurato dall’architetto Gaetano Barba: molte decorazioni barocche furono eliminate dando al palazzo uno stile più classico.
Nel 1906 fu acquistato dalle suore dell’Addolorata che costruirono nel giardino la Chiesa dellAddolorata in stie eclettico con una facciata neoclassica-neorinascimentale.
All’interno del palazzo è attivo dal 2016 un meraviglioso museo d’arte contemporanea, il Casa Morra: ospita la Collezione Morra, oltre duemila opere di artisti di fama internazionale.
A Piazzetta Materdei, di fronte al convento dei Padri Serviti e alla Chiesa di Santa Maria di Materdei si trova il Palazzo Medici. Fu costruito nella prima metà del Seicento per volere di un importante membro della famiglia dei Medici fiorentini e ampliato nel XVII secolo.
È uno splendido esempio di casa magnatizia con una scala interna abbellita da decorazioni e affreschi nelle volte che presenta ancora oggi gradini e caposcala in piperno. All’epoca nel palazzo si trovata un’autentica pinacoteca con importanti quadri come la Holy Family by Raffaello.
Nella parte alta del rione Palazzo Scipione Ammirato è una piazza dedicata allo storico cinquecentesco, completamente riqualificata nel 2003 con il progetto dell’architetto e designer Alessandro Mendini che l’ha trasformata in zona pedonale. Al centro della piazza si trova un obelisco di vetri colorati e in direzione opposta un’affascinante scultura di Luigi Serafini, Carpe Diem.
Risalente al XVI secolo e completamente rifatto nel 1734 da Giovan Battista Nauclerio che lo trasformò in chiave barocca. Creò un giardino retrostante e una scala aperta tra il cortile e il giardino.
La facciata è molto semplice con un portale cinquecentesco in piperno, coronata da un ultimo piano più recente e piccolo cortile dà accesso alla scala a tre archi in stile sanfeliciano.
In Via Materdei, ai margini del centro storico si trova Palazzo Ruvo, in origine casa palazziata di Giuseppe Ruvo che la fece restaurare nella seconda metà del XVIII secolo.
Il portale ha due piedidritti a bugnato sul quale poggiano due mensole con volute decorate da elementi naturalistici, sormontate da mascheroni antropomorfi. Nella parte mediana una cornice ha sue due lati un arco a tutto sesto, nelle lunette laterali ci sono elementi floreali e la cornice superiore forma il balcone dell’appartamento nobile.
L’androne è coperto da una volta a crociera e attraverso di esso si accede al piccolo cortile sul quale affacciano i ballatoi. La scala si sviluppa intorno ad un vano centrale quadrangolare con tre rampe e tutta la struttura scarica su coppie di pilastri curvilinei rastremati dal basso verso l’alto con pseudocapitello ad angoli smussati.
La Guglia dell’Immacolata è una delle Guglie di Napoli e risale al XVIII secolo: è stata attribuita a Giuseppe Astarita, alta 10 metri, fatta in marmo bianco e piperno con i tipici caratteri dell’arte barocca e la statua della Madonna a coronarla. Si dice che la statua sia databile al 1470 e raffigura la Madonna con una veste ben disegnata che sostiene il bambino Jesus e stringe nella mano destra una sfera che fa pensare alla Terra.
Oggi a Materdei si trova solo una copia dell’opera originale, custodita nel Museo Civico di Castel Nuovo.
Le sue origini sono controverse: alcuni dicono sia stata utilizzata come modello per la più famosa guglia di Piazza del Gesù Nuovo, voluta dal gesuita padre Francesco Pepe, altri che la statua appartenesse al rinascimentale Palazzo Sanseverino e solo nel settecento è stata spostata lì e altri ancora che la statua si trovasse una cappella della zona prima di essere collocata sulla guglia.
Le tombe eneolitiche di Materdei sono le più antiche cavità artificiali fino ad ora scoperte nel sottosuolo di Napoli risalenti al III millennio a.C. Erano utilizzate come luoghi di sepoltura da parte dei clan familiari di origine guerriera.
Furono scoperte casualmente quando nel 1950 in Vico Neve si stava scavando in un giardino di un palazzo per costruirvi un edificio: la prima tomba l’11 aprile, con all’interno un corpo integro rannicchiato, la seconda il 15 aprile, all’interno della quale c’erano anche vasi e un pugnale.
Il rione Materdei è ben collegato grazie alla stazione linea 1 della metropolitana di Napoli e secondo il quotidiano inglese The Daily Telegraph si è classificata al sedicesimo posto come stazione metropolitana più bella d’Europa.
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