Eduardo Scarpetta, pose le basi del teatro napoletano moderno. L’uomo di teatro, capostipite della dinastia Scarpetta-De Filippo, fu considerato un riformatore, le cui pièces diedero vita al genere poi fatto fiorire dai figli, mai riconosciuti, Eduardo, Titina et Peppino De Filippo.

Nato nel 1853, esordì da ragazzo recitando poche battute allo storico teatro partenopeo San Carlino ma fu solo in un secondo momento che entrò a far parte di una troupe di rilievo.

La sua fu una famiglia allargata, composta dalla moglie Rosa De Filippo, sposata nel 1876, e dai nove figli, la maggior parte dei quali nati da altre relazioni.

Sciosciammocca e Miseria e Nobiltà

La compagnia teatrale in questione era quella di Antonio Petito, che in varie farse, alla classica maschera di Pulcinella, iniziò ad accompagnare il personaggio di Felice Sciosciammocca, ruolo cucito ad hoc su Scarpetta che gli permise di dare il meglio di sé come attore. Il nome Sciosciammocca, letteralmente “soffia in bocca”, allude a colui che resta a bocca aperta, insomma il tipo svampito e credulone che viene a trovarsi sempre in situazioni intricate.

Una volta fondata la sua compagnia, Scarpetta si dedicò all’adattamento di opere francesi come Lo scarfalietto e Nu turco napulitano, per poi scrivere opere originali, come Miseria e Nobiltà, del 1887, secondo alcuni ideata per far recitare uno dei figli. La pièce, però, fu portata al successo molto tempo dopo, nel 1954, nella versione cinematografica con Totò che si fionda, affamato, su un piatto di spaghetti e li mette in tasca.

La causa con d’Annunzio e la fine della carriera

La lunga e fruttuosa carriera si interruppe in malo modo, in seguito ad un doloroso alterco con Gabriele d’Annunzio, sulle cui vicissitudini è incentrato il film di Mario Martone. Nel 1904, dopo aver subito un sabotaggio da parte di alcuni fanatici dannunziani, Scarpetta mise in scena la parodia di un’opera del poeta. Di lì a poco, ricevette una querela per plagio, la cui causa, alcuni anni dopo, gli lasciò l’amaro in bocca, ma poco male: la vinse, il che rese legittime tutte le successive parodie della storia dello spettacolo. Scopri l’itinerario che ripercorre le sue orme nel capoluogo campano.

Palazzo Scarpetta a Chiaia

Il tour non poteva che cominciare da Palazzo Scarpetta a Chiaia, voluto dallo stesso Scarpetta. Questo edificio imponente, di quattro piani, è situato in via Vittoria Colonna 4, nei pressi del Théâtre Sannazzaro. Costruito a fine Ottocento dallo stesso architetto del Bellini, il palazzo fu abitato da più famiglie di artisti. Oggi è sede della fondazione Eduardo De Filippo, aperta dal lunedì al venerdì dalle 10.00 alle 14.00.

Villa La Santarella al Vomero

La seconda tappa dell’itinerario si trova al Vomero, circa 20 minuti a piedi da Palazzo Scarpetta. Nel 1889, l’autore si fece costruire un’elegante villa da cui si vedeva il mare. Da via Cimarosa, raggiungibile in funicolare, è possibile ammirare gli edifici in stile Liberty tra via Palizzi e via Luigia Sanfelice, finché non ci si imbatte in una sorta di piccolo castello in stile neorinascimentale, sulla cui facciata campeggia l’inconfondibile scritta in granito: “Qui rido io!”. Nell’androne del palazzo, c’è una statua di Scarpetta a grandezza naturale. Il commediografo volle trasferirsi in questo quartiere per allontanarsi dalla confusione cittadina, famose furono le feste organizzate qui in occasione dell’onomastico della figlia Maria e gli spettacoli con i fuochi d’artificio visibili da ogni parte della città.

Alcuni anni dopo la villa fu venduta poiché la moglie Rosa era spaventata dal silenzio circostante, il Vomero a quel tempo non era ancora così densamente popolato come oggi.

Il regista Mario Martone, che già più volte nella sua carriera ha dimostrato un particolare attaccamento alla tradizione napoletana, ha realizzato Qui rido io, un tributo al padre del teatro napoletano dove racconta gli ultimi anni di palcoscenico di Eduardo Scarpetta, interpretato da Toni Servillo.

Nel periodo che va dalla seconda metà dell’800 fino al cinematografo gli attori erano detti “mattatori” poiché svolgevano sia il ruolo di interprete che di autore dei testi e regista. Scarpetta morì nel 1925 ed oggi riposa nella cappella riservata ai de Filippo, Scarpetta e Viviani nel cimitero di Poggioreale a Napoli.