Il resto di niente è un romanzo storico dello scrittore e giornalista napoletano Enzo Striano. Dato alle stampe negli anni Ottanta, racconta la vita di Eleonora de Fonseca Pimentel durante il periodo della Rivoluzione Napoletana del 1799.

Nato a Napoli nel 1927, Striano da giovane ha lavorato per molti giornali di sinistra, tra cui l’Avanti e l’Unità. Tra giornalismo e prosa, negli anni Settanta pubblica diversi romanzi, ma il vero successo arriva solo nel 1986 con Il resto di niente. Purtroppo, non potrà goderne a lungo poiché morirà nel 1987.

La trama del romanzo

L’undicenne Eleonora de Fonseca Pimentel arriva a Napoli insieme alla sua famiglia portoghese. Sono stati costretti a lasciare Roma, luogo nel quale la piccola Lenor era nata, a causa dei rapporti difficili tra il Portogallo e lo Stato Pontificio.

Dopo aver descritto il viaggio attraverso le paludi pontine, la storia racconta dell’adolescenza di Lenor e del suo matrimonio con il marito Tria, dal quale divorzia dopo la morte del figlio. In seguito, la donna entra in contatto con gli ambienti intellettuali napoletani di quell’epoca.

Lenor inizia quindi a respirare l’aria rivoluzionaria che poi avrebbe condotto al rovesciamento del trono di Ferdinando IV e alla creazione della Repubblica Napoletana nel 1799, di cui è sostenitrice attraverso la direzione del giornale Monitore Napoletano. Per contrastare la neonata repubblica interviene l’esercito della Santa Sede comandato da Fabrizio Ruffo.

Con la sconfitta dei rivoluzionari e la restaurazione del potere dei Borbone vengono condannati a morte tutti i sostenitori della Repubblica Napoletana. Tra questi ci sarà anche Lenor, giustiziata in Piazza Mercato nell’agosto del 1799. Il privilegio nobiliare della decapitazione le viene negato, nonostante da anni fosse stato riconosciuto il suo titolo nobiliare portoghese.

Una prosa illuminante in un difficile contesto storico

L’autore ci porta all’interno di un contesto politico e sociale come quello della Rivoluzione Napoletana di cui non sappiamo molto. In questo caso la rivoluzione viene raccontata dal punto di vista femminile, ovvero attraverso gli occhi di una donna determinata e acculturata che si lascia trascinare dagli eventi.

Gli intellettuali come Eleonora de Fonseca Pimentel hanno facilitato l’avvento della Repubblica Napoletana, un accadimento appassionante per molti, ma anche piuttosto effimero e transitorio. In quanto giornalista, Striano ha narrato il suo romanzo come fosse una cronaca, mantenendo però uno stile scorrevole e fluido. D’altro canto, anche la protagonista era una giornalista.

Abbiamo quindi un ritratto della Napoli di fine Settecento nel quale si raccontano i vicoli dai mille colori, la varietà di dialetti secondo la zona di provenienza, l’aroma dei piatti tipici e gli abiti sgargianti, oscillando tra lo sfarzo borbonico e l’estrema miseria del popolo. Lenor è dunque una moderna eroina e femminista ante litteram, la cui unica arma per combattere è la cultura.

La donna non approva le superstizioni tipiche dei napoletani, ma crede in un’educazione civile che possa portare ad un’insurrezione capace di rovesciare la tirannia che soffocava Napoli in quel periodo. In poche parole, Lenor ha fiducia in una società più equa e giusta, dove tutti possano avere diritto all’istruzione e nel quale l’autoritarismo verrà sostituito dalla democrazia. Tutti questi sentimenti le daranno poi la forza di continuare a vivere dopo la perdita dell’amato figlio.