Come ogni cinefilo ben sa, Napoli ha regalato al cinema italiano molte grandi storie e interpreti eccezionali. In particolare, la penna del grande drammaturgo Eduardo De Filippo ha fatto da base a film di grandissimo spessore in cui il linguaggio teatrale incontra il ritmo del montaggio cinematografico. Tra i migliori esempi di questo felice incontro figura certamente “Sabato, Domenica e Lunedì“, film per la tv realizzato nel 1990 da Lina Wertmüller e interpretato da una magnifica Sophia Loren. Il film si snoda attraverso alcuni dei luoghi più iconici delle città di Pozzuoli e Napoli, dando vita a un grande affresco corale su cui veglia l’occhio attento della Grande Madre ripetutamente evocata da Luciano De Crescenzo. Perché non fare del buon turismo cinematografico durante la tua visita a Pozzuoli? Ripercorri con noi i passi del film e scopri tante curiosità su una gemma del cinema italiano.

La Solfatara, il bradisismo e la Grande Madre

“Vicino al Vesuvio e alle ribollenti solfatare, nell’antica città di Pozzuoli, da tempo immemorabile la terra si muove salendo e scendendo lentamente, tanto che la gente che ci vive ci si è abituata”. Con questa battuta recitata fuori campo si apre “Sabato, Domenica e Lunedì”, come se si trattasse dell’inizio di un’antica fiaba. Pozzuoli ci viene fin da subito presentata attraverso una delle particolarità che l’hanno resa famosa in tutto il mondo, il fenomeno del bradisismo. Facciamo così la conoscenza del professor Luigi Iannello, interpretato dal mai troppo compianto Luciano De Crescenzo: si tratta di un estroverso geologo sui generis, convinto che il terreno di Pozzuoli danzi per volere della Grande Madre, signora e padrona delle profondità della Terra. Vediamo quindi il professor Iannello che, nella suggestiva cornice della Solfatara di Pozzuoli, è intento a spiegare a uno scettico funzionario fascista che se “la statua del Duce si è inclinata sulle ventitré” è proprio perché “la Grande Madre sta nu poc tuccat e nierv e ha deciso di buttare il maschio giù dal cavallo”.

Il Rione Terra, casa della famiglia Priore

Scopriamo che il professor Ianniello è solito identificare la Grande Madre con varie figure femminili di sua conoscenza, tra cui la sua vicina di casa, la signora Rosa Priore. È così che vediamo per la prima volta entrare in scena la nostra protagonista, interpretata da una Sophia Loren perfettamente calata nella parte: una fiera matrona assorta nel sacro compito della preparazione del ragù domenicale. Dopo una buffa scena in cui donna Rosa discute animatamente della ricetta del ragù ideale con altre agguerrite madri di famiglia dal macellaio, la nostra protagonista torna alla sua casa vista mare nel Rione Terra di Pozzuoli. Incontriamo così la sua numerosa e chiassosa famiglia, pronta a riunirsi per il pranzo del giorno seguente: i figli ormai adulti, la zia Memè (la grande Pupella Maggio, per la quale De Filippo aveva originariamente scritto il ruolo di donna Rosa Priore) e soprattutto il marito don Peppino Priore, tormentato dalla gelosia nei confronti della bella moglie che vede troppo vicina al professor Iannello.

Un giro in carrozza per Napoli

Le preoccupazioni di don Peppino riguardo al rapporto con la moglie si riflettono anche nei suoi colloqui con gli altri personaggi. Peppino si sente distante anche dal figlio Rocco, legatissimo al nonno che lo ritiene di gran lunga migliore del padre e molto più abile negli affari rispetto a lui. A scatenare le ire di Peppino nei confronti del suocero don Antonio sarà un giro in carrozza che vedrà passare sullo sfondo alcuni dei luoghi più caratteristici di Napoli: partendo dal Rettifilo (come è comunemente chiamato il Corso Umberto I) vediamo la carrozza sfilare davanti all’imponente Maschio Angioino, al Teatro San Carlo e al magnifico Palazzo Reale situato in Piazza del Plebiscito. Questi simboli di Napoli accompagnano le chiacchiere di don Antonio riguardo ai cappelli e al negozio elegante che il nipote ha aperto in via Calabritto, dando il via a un pungente battibecco con don Peppino.

La muta testimonianza del Tempio di Serapide

Durante il pranzo domenicale le tensioni tra i coniugi esploderanno in una violenta scenata che rischierà di incrinare irrimediabilmente il ménage familiare, nello stesso modo in cui un terremoto causato dal bradisismo incrina le mura della casa subito dopo la lite. La gelosia di don Peppino prende infatti il sopravvento e, dopo un tripudio di accuse infondate, donna Rosa avrà un malore al termine di un appassionato monologo. Dopo una tale esplosione rimangono soltanto il buio e il silenzio di una brutta giornata che si conclude: il professor Iannello, rattristato dall’accaduto, si concederà una passeggiata notturna nel centro di Pozzuoli ammirando le rovine del Tempio di Serapide e interrogando silenziosamente una statua della Grande Madre.

Lunedì: lo sciogliersi dei conflitti e il trionfo dell’amore

Il terzo atto, quello del lunedì, vede il risolversi del conflitto coniugale grazie all’intervento della figlia Giulianella: è proprio lei, infatti, a scoprire la vera ragione del risentimento della madre nei confronti di don Peppino, e a comunicarla a quest’ultimo. Le ragioni di donna Rosa possono sembrare futili a prima vista: il suo astio nei confronti del marito deriva infatti dai complimenti esagerati fatti da quest’ultimo ai maccheroni alla siciliana cucinati dalla nuora. Tuttavia, dietro a questo pretesto apparentemente sciocco, si cela ben altro: la frustrazione di Rosa nel constatare di non aver mai ricevuto complimenti simili dal marito, l’insofferenza per il modo in cui lui le ha completamente delegato la cura della casa e dei figli senza mai avere per lei una esplicita parola di riconoscenza.

Grazie all’intervento di Giulianella i coniugi riusciranno a parlarsi con franchezza, e scopriranno che i timori che li tormentavano non erano da attribuire alla fine del loro amore, ma anzi da interpretare come prova definitiva di quanto tenessero l’uno all’altra.