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L’Oro di Napoli è una raccolta di racconti dello scrittore e sceneggiatore napoletano Giuseppe Marotta, salito alla ribalta soprattutto a partire dal secondo dopoguerra con quest’opera che è considerata il suo capolavoro.
Il libro è uno dei più letti alla fine degli anni Quaranta, tanto da avere ispirato l’omonimo film del 1954 diretto da Vittorio De Sica. La pellicola aveva un cast eccezionale che includeva Totò, Vittorio De Sica, Sophia Loren, Silvana Mangano e Eduardo de Filippo.
Non è però un caso che la pubblicazione de L’oro di Napoli coincida con un momento storico nel quale Napoli e l’Italia sono ancora devastate dal conflitto bellico e nel quale l’uomo deve iniziare a ricostruirsi. Dal punto di vista prettamente letterario, l’opera si insinua nel solco tracciato dal Neorealismo, una corrente artistica nella quale l’arte è utilizzata come mezzo per indagare sulla condizione umana e come aiuto alla risoluzione dei problemi sociali.
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Vita e curiosità su Giuseppe Marotta
Giuseppe Marotta è nato a Napoli nel 1902 da una famiglia della media borghesia di Avellino. Ad appena 9 anni è già orfano di padre e la madre è costretta a fare umili lavori per mantenere la famiglia. In questi anni il giovane Marotta vive in un tradizionale basso napoletano del pianterreno del campanile della chiesa di Sant’Agostino degli Scalzi.
Abbandonata presto la scuola tecnica, inizia a lavorare per la società del gas come operaio, ma riprenderà gli studi serali. Nel 1925 si sposta a Milano per seguire la carriera di giornalista, lavorando alla Mondadori e alla Rizzoli e nel 1932 pubblica il primo romanzo, Tutte a me. In seguito, inizia anche a collaborare con il Corriere della Sera fino al 1943, per poi riprendere dopo la guerra.
Dal dopoguerra Marotta si dedica anche alla stesura di sceneggiature teatrali e cinematografiche. Alternandosi tra prosa e giornalismo, nel 1947 l’autore napoletano dà alle stampe L’oro di Napoli che si rivela un grande successo, tanto da spingere Vittorio De Sica a realizzarne un film nel 1954.
Dagli anni Cinquanta Marotta lavorerà attivamente nel cinema, scrivendo soggetti e sceneggiature. Infatti, collaborerà con Zavattini e altri autori nella sceneggiatura di film come Carosello Napoletano, Questi Fantasmi e Mondo Nudo. Sarà poi anche critico cinematografico per L’Europeo fino alla sua morte che sopraggiungerà nel 1963 a causa di un’emorragia cerebrale.
L’importanza de L’oro di Napoli per la cultura napoletana
Con L’oro di Napoli Marotta raccoglie 36 racconti che erano stati precedentemente pubblicati sul Corriere della Sera a Milano. Si trattava di elzeviri, ovvero articoli di fondo del giornale dedicati ad argomenti di carattere letterario e artistico. In questi racconti l’autore descrive soprattutto i luoghi della sua infanzia con una cura maniacale e tanta malinconia.
Dunque, l’opera ha una certa componente autobiografica e non a caso inizia con una dedica alla madre che da giovane vedova aveva cresciuto i figli tra mille difficoltà. Il linguaggio utilizzato è in alcune parti molto semplice e in altre più ricercato con metafore, similitudini e altri orpelli tipicamente partenopei.
Che il lettore sia napoletano o no importa poco perché Marotta porta il lettore tra i bassi dei vicoli di Napoli, le canzoni tradizionali e gli stenti della povera gente. Nei vari racconti si alternano personaggi come preti, professori, giocatori d’azzardo, guappi e ladruncoli che fungono da esempi antropologici del modo di vivere del popolo napoletano così ben raffigurato.
Tra generosità, ingenuità, devozione, furbizia e mistificazione, gli uomini e le donne protagonisti de L’oro di Napoli mostrano con verità l’arte di arrangiarsi alle peripezie della vita e la capacità di alzarsi sempre e comunque.
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