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Chi non riconoscerebbe tra mille il fantastico profumo della pizza? Prodotto gastronomico tipico della cucina napoletana composto da un impasto di farina, acqua e lievito, spianato e farcito tradizionalmente con pomodoro e mozzarella, ma anche con altri ingredienti.
La pizza è, insieme alla pasta, l’alimento napoletano più conosciuto all’estero… e sicuramente uno dei più apprezzati!
Ma dov’è nata la pizza? Proviamo a raccontare la sua storia partendo dalle origini, in un percorso intriso di storia e di leggenda.
La storia della pizza
Pare che le origini della pizza risalgano addirittura al Paleolitico, quando gli uomini primitivi preparavano una sorta di focaccia sbriciolando radici e cereali, cuocendoli poi sulla pietra calda.
In seguito gli Egiziani scoprirono le proprietà del lievito che, aggiunto all’impasto, dava nuova consistenza alla focaccia.
Anche tra i Persiani esisteva un precursore della pizza: i soldati infatti si rifocillavano dopo le battaglie cuocendo sui propri scudi delle pagnotte piatte farcite con formaggi e datteri.
L’Italia è comunque la patria ufficiale della pizza: gli Etruschi la importarono per primi nella loro cultura gastronomica, ma furono i Greci ad iniziare a farcirla prima della cottura (la loro pizza si chiamava “Planktunos”).
In epoca romana esisteva una pietanza chiamata “Panis Focacius” (dal latino panis, “pane”, cotto al focus, “focolare”) composta da un impasto di forma rotonda condito con olio d’oliva, spezie e miele. Questo tipo di focaccia si diffuse con l’ampliarsi dell’Impero Romano e ne nacquero diversi tipi, da cui sono derivate le varianti regionali di pizze e focacce tuttora diffuse in Italia.
A Napoli, intorno all’anno Mille, il termine “picea” indicava un disco di pasta ricoperto da svariati ingredienti e cotto al forno. La parola derivava probabilmente dal dialetto napoletano con l’originario significato di “scossa”, “spinta”, in riferimento al movimento compiuto dal fornaio nell’atto di infornare. Tuttavia, l’attuale parola pizza potrebbe avere origini arabe derivate dalla dominazione saracena in Campania (“pita” = pane, focaccia) o addirittura germaniche, dovute alla dominazione longobarda (“bizzo” cioè “pezzo di pane”).
La nascita della pizza moderna
Solo con la scoperta del pomodoro (importato dal Perù dopo la colonizzazione dell’America) nacque la pizza moderna. Dapprima utilizzato solo come pianta ornamentale poiché ritenuto velenoso, il pomodoro fu poi introdotto in cucina sotto forma di salsa cotta con sale e basilico, ed in seguito venne abbinato alla pizza.
Nel XVI secolo era già un ingrediente indispensabile nella cucina napoletana, e un paio di secoli più tardi si diffuse nelle cucine del resto del mondo.
Alla metà del XVIII secolo la pizza si era già ampiamente diffusa a Napoli: lo testimonia un trattato di Vincenzo Corrado sulle abitudini culinarie dei napoletani. Veniva venduta nelle strade e nei vicoli della città, in piccoli locali con forni a legna: il garzone, tenendo una stufa in equilibrio sulla testa, portava le pizze dai clienti ancora calde e già confezionate, farcite con diversi ingredienti.
Si diffuse in seguito l’abitudine di mangiare la pizza presso le botteghe: dotate di un forno di pietra vesuviana a legna e un bancone di marmo per stendere la pizza e scaffali con tutti gli ingredienti in esposizione. Vi erano anche dei tavoli per far sedere i clienti, ed una esposizione esterna di pizze per la vendita ai passanti. Tutti questi elementi si ritrovano ancora oggi nelle pizzerie de la Campanie.
La nascita della pizza Margherita
Nell’estate del 1889 il re Umberto I di Savoia e la Regina Margherita trascorrevano le vacanze a Napoli, nella Reggia di Capodimonte, e la regina decise di assaggiare la pizza, il celebre alimento del popolo.
Fu chiamato a palazzo il più rinomato pizzaiuolo del tempo, Raffaele Esposito, che sfornò diverse pizze: la pizza Mastunicola, con sugna (simile al lardo), formaggio di pecora, pepe e basilico; la pizza alla marinara, con aglio, olio e pomodoro; ed una terza pizza ancora senza nome, con mozzarella, pomodoro e basilico (per riprodurre i colori della bandiera italiana), che entusiasmò la regina talmente tanto da essere chiamata pizza alla Margherita in suo onore.
La pizza nel mondo
Le prime vere pizzerie sorsero nel Meridione d’Italia nei primi anni del XX secolo e nel Settentrione solo alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Con il boom industriale degli anni Sessanta la pizza si diffuse oltre i confini dell’Italia meridionale, in particolare a Milano, a Torino e a Genova, grazie agli emigranti che dal sud portarono i propri usi e costumi, soprattutto quelli culinari.
Anche all’estero gli emigranti diffusero il segreto della pizza: soprattutto in America, dove però ci si dovette adeguare alla mancanza della mozzarella, sostituendola col formaggio americano. Con la caduta del muro di Berlino la pizza si è diffusa anche in Europa dell’Est, Medio Oriente, Giappone e Cina.
Il 5 febbraio 2010 è stata ufficialmente riconosciuta come Specialità Tradizionale Garantita (STG) dell’Unione Europea, e nel 2017 l’Arte del Pizzaiuolo Napoletano è stata dichiarata Patrimonio culturale e immateriale dell’UNESCO.
Il Pizza Village
Ogni anno la città di Napoli è sede del famoso Pizza Village, trasformandosi per alcuni giorni in una enorme pizzeria all’aperto, con stand, animazione e musica dal vivo.
Nel 2016, sul Lungomare Caracciolo è stata preparata la pizza più lunga del mondo: ben 2 km di lunghezza e 40 cm di larghezza!
L’arte della pizza
L’impasto della pizza è simile a quello per il pane (farina di grano tenero tipo 00 e completamente privo di grassi), morbido ed elastico, lievitato a lungo, steso a mano in forma di disco senza appiattire i bordi (che in cottura formeranno il cosiddetto “cornicione” di 1 o 2 centimetri, mentre la pasta centrale ha uno spessore di pochi millimetri). La cottura deve avvenire in forno a legna a circa 485° per 60-90 secondi: la pizza deve essere comunque soffice ed umida, mai troppo cotta!
Gli strumenti per la preparazione della pizza
Per versare l’olio i pizzaioli utilizzano l’agliara, un contenitore di rame stagnato internamente, con un becco stretto e lungo da cui fuoriesce un filo d’olio sottile ed omogeneo.
Per infornare e maneggiare la pizza all’interno del forno si utilizzano due diverse pale a manico lungo: una più larga, quadrata, su cui la pizza viene stesa cruda ed infornata con un rapido scatto del braccio; l’altra più piccola, tonda e di ferro, che serve per ruotare la pizza nel forno ed avere una cottura uniforme.
Le varietà di pizza
La cucina napoletana tradizionale prevede solo due tipi di pizza: la Pizza Marinara, con pomodoro, aglio, origano e olio e la Pizza Margherita, con pomodoro, mozzarella di bufala campana, basilico e olio.
Per queste due varianti si consiglia il Pomodoro DOP San Marzano.
Negli ultimi decenni si sono comunque diffusi altri tipi di condimento, ed ogni pizzeria ha il proprio menu con innumerevoli varietà. Tra le più comuni della tradizione italiana abbiamo la Pizza Capricciosa con pomodoro, mozzarella, funghi, carciofini, prosciutto cotto, olive, grana grattugiato, olio; laPizza Quattro Stagioni che contiene solitamente gli stessi ingredienti della Capricciosa, disposti ognuno in uno dei quattro quadranti in cui viene suddivisa la pizza.
Altra pizze molto comuni sono la Pizza ai Quattro Formaggi, una pizza bianca (senza pomodoro) con mozzarella, gorgonzola ed altri formaggi, e l’immancabile basilico; la Diavola, una variante della Pizza alla Margherita, con aggiunta di salame piccante.
Altra tipica varietà è il Ripieno al forno (detto anche Calzone) con pomodoro, provola, ricotta, formaggio grattugiato e salame o prosciutto cotto. Il Ripieno può essere anche fritto e gli ingredienti possono variare.
Negli ultimi decenni a Napoli hanno spopolato, soprattutto tra i giovani, le pizze bianche, come la Pizza Mimosa (panna, mozzarella, prosciutto cotto e mais) e la Pizza Chef (panna, mozzarella, prosciutto cotto e funghi).
Pizza al taglio
Per questo tipo di pizza (comunemente chiamata “pizzetta”) la pasta lievitata viene stesa, condita e cotta in grandi teglie di metallo e poi esposta nelle vetrine interne di rosticcerie e panetterie per essere venduta al peso, in forma di tranci rettangolari. Vengono utilizzate farine più forti, procedimenti di rigenerazione o soda in polvere che permettono di aggiungere all’impasto una maggiore percentuale di acqua (fino al 90%), evitando che le pizzette si secchino durante l’esposizione in vetrina.
Pizza “a portafoglio”
Detta anche “pizza a libretto”, è un vero e proprio street food napoletano: è una versione “mignon” della pizza tradizionale, piegata in quattro insieme ad un foglio di carta per alimenti, e consumata per strada.
Dove mangiare la migliore pizza a Napoli
La prima pizzeria napoletana, la pizzeria Port’Alba, nacque nel 1738 come “laboratorio” di pizze per la vendita ambulante e divenne una vera e propria pizzeria nel 1830, ancora oggi molto nota, è considerata la pizzeria più antica al mondo. Si trova nel centro storico della città, all’inizio del decumano maggiore. Sin dalla fondazione i forni di cottura sono stati rivestiti di pietra lavica proveniente dai dintorni del Vesuvio.
Tra le sue specialità troviamo la Pizza Mastunicola, già famosa nel Seicento.
Antichissima è anche la Pizzeria Brandi, nata nel 1780, che deve la sua fama alla nascita della Pizza Margherita ad opera del proprietario Raffaele Esposito.
Altra pizzeria importante è Starita a Materdei, locale a conduzione familiare sorto nel 1901, tra le migliori di Napoli.
Impossibile non nominare Gino e Toto Sorbillo, locale su due livelli, specializzato in fritti e pizza napoletana, la Pizzeria Di Matteo, anch’essa locale su due livelli con cinque sale, specializzato in fritti e pizza napoletana e in ultimo ma non per importanza l’Antica Pizzeria Da Michele, un locale semplice, informale e dagli interni vivaci, in cui vengono servite solo la Pizza Margherita e la Pizza Marinara.
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