L’isola di Procida, gioiello dell’arcipelago delle Isole Flegree, è un luogo capace di conquistare il cuore e la fantasia dei viaggiatori. Il caso più illustre è rappresentato da una delle più grandi autrici del Novecento italiano, la grande Elsa Morante, che proprio a Procida ha ambientato uno dei suoi capolavori. Il romanzo “L’isola di Arturo“, grazie al quale la Morante nel 1957 fu la prima donna a vincere il Premio Strega, si sviluppa infatti interamente all’interno dei 4 km² di estensione del territorio di Procida. Qui il giovane Arturo vive la sua infanzia e la sua adolescenza, covando sogni grandiosi senza mai mettere piede al di fuori della piccola isola in cui è nato e che sembra vivere in simbiosi con lui. Lasciare Procida significherà per Arturo abbandonare le illusioni e le dolcezze dell’infanzia e compiere un rito di passaggio verso l’età adulta.

Sebbene Elsa Morante ci avverta fin dall’inizio che la descrizione dei luoghi realmente esistenti sarà soggetta all’«arbitrio dell’immaginazione», nulla ci vieta di immergerci nell’atmosfera che l’autrice delinea con tanta maestria. Scopriamo insieme l’isola di Arturo attraverso un itinerario che si snoda lungo i luoghi riconoscibili tra quelli citati nel romanzo, oltre agli scorci che ne hanno ispirato la creazione.

I giardini dell’Eldorado

Il nostro itinerario sui luoghi de “L’isola di Arturo” non può che avere inizio nel luogo in cui il romanzo è nato, vale a dire il luogo in cui Elsa Morante ha avuto l’ispirazione e ha iniziato a scriverlo. Parliamo dell’albergo Eldorado, costruito alla fine dell’Ottocento e noto per aver ospitato viaggiatori illustri come Alberto Moravia, Vasco Pratolini e Toti Scialoja. La sua fama resta però legata in modo indissolubile ad Elsa Morante, che nei suoi giardini traboccanti del profumo dei limoni ha iniziato a scrivere quelle che sarebbero rimaste alcune delle sue pagine più belle.

La struttura è stata presa in gestione dal Comune di Procida per aprirvi il Parco Letterario Elsa Morante, un progetto che ad oggi risulta ancora in divenire. I giardini in cui Arturo Gerace ha iniziato a prendere forma sulla carta vengono aperti al pubblico soltanto a settembre, in occasione del premio letterario intitolato alla grande scrittrice.

Procida vista con gli occhi di Arturo

Una delle primissime pagine de “L’isola di Arturo” è interamente dedicata alla descrizione di Procida. In questo capitoletto, chiamato semplicemente “L’isola”, possiamo ammirare la maestria con cui Elsa Morante cattura in poche righe l’essenza di questi luoghi da lei tanto amati:

«Le isole del nostro arcipelago, laggiù, sul mare napoletano, sono tutte belle. Le loro terre sono per grande parte di origine vulcanica; e, specialmente in vicinanza degli antichi crateri, vi nascono migliaia di fiori spontanei, di cui non rividi mai più i simili sul continente. In primavera, le colline si coprono di ginestre: riconosci il loro odore selvatico e carezzevole, appena ti avvicini ai nostri porti, viaggiando sul mare nel mese di giugno. Su per le colline verso la campagna, la mia isola ha straducce solitarie chiuse fra muri antichi, oltre i quali si stendono frutteti e vigneti che sembrano giardini imperiali.»

Proseguendo nella descrizione, l’attenzione di Arturo si concentra sul mare di Procida. Ogni isolano non può che avere un rapporto speciale e privilegiato con il mare, ma nel caso di Arturo si tratta di un legame particolarmente profondo: il mare cristallino fa da sfondo alle avventure infantili del nostro protagonista ed è allo stesso tempo un invalicabile confine che lo protegge dal mondo esterno. Arturo ama questo mare, lo conosce come le sue tasche e vive in simbiosi con lui:

«[L’isola] ha varie spiagge dalla sabbia chiara e delicata, e altre rive più piccole, coperte di ciottoli e conchiglie, e nascoste fra grandi scogliere. Fra quelle rocce torreggianti, che sovrastano l’acqua, fanno il nido i gabbiani e le tortore selvatiche, di cui, specialmente al mattino presto, s’odono le voci, ora lamentose, ora allegre. Là, nei giorni quieti, il mare è tenero e fresco, e si posa sulla riva come una rugiada. Ah, io non chiederei d’essere un gabbiano, né un delfino; mi accontenterei d’essere uno scorfano, ch’è il pesce più brutto del mare, pur di ritrovarmi laggiù, a scherzare in quell’acqua.»

Il porto, il Cristo dei Pescatori e la Chiesa di Santa Maria della Pietà

Approdando a Procida, il primo impatto che abbiamo con l’isola è rappresentato dalla zona del porto. Arturo la descrive con tratti pittoreschi, mostrandola come un luogo refrattario alle mode e protetto dal resto del mondo.

La fantasia di Elsa Morante ha trasfigurato e aggiunto dettagli alla zona del porto, il che rende difficile trovare precise corrispondenze. Possiamo però ipotizzare che la «statua di Cristo Pescatore» sia un riferimento all’Icona del Cristo Crocifisso, anche noto come Cristo dei Pescatori, che si trova appunto nei pressi del porto. L’icona venne fatta realizzare nel 1845 dai pescatori di Procida e posta nei pressi dell’antica Chiesa dei Marinai di Procida.

Proprio questa chiesa viene citata da Elsa Morante, che tuttavia non ne dice mai esplicitamente il nome e la arricchisce di dettagli di invenzione. La chiesa è oggi conosciuta come Chiesa di Santa Maria della Pietà e San Giovanni Battista. Si tratta di uno dei simboli di Procida, che domina la piazza della Marina Grande e accoglie i visitatori che sbarcano sull’isola.

La collina di Terra Murata e Palazzo d’Avalos

La collina di Terra Murata è il punto più alto di Procida. Qui si trova la forma di insediamento più antica dell’isola, un borgo di origine medievale. L’attrazione principale è tuttavia Palazzo d’Avalos, il «castello» che avrà un ruolo determinante nella vita di Arturo. Costruito nel 1563 per ospitare l’omonima famiglia di governatori dell’isola, Palazzo d’Avalos venne trasformato in carcere nel 1830 e mantenne questa funzione fino al 1988.

«…a Procida le case, da quelle numerose e fitte giù al porto, a quelle più rade su per le colline, fino ai casali isolati della campagna, appaiono, da lontano, proprio simili a un gregge sparso ai piedi del castello. […] Alle navi che passano al largo, soprattutto la notte, non appare, di Procida, che questa mole oscura, per cui la nostra isola sembra una fortezza in mezzo al mare. Da circa duecento anni, il castello è adibito a penitenziario: uno dei più vasti, credo, di tutta la nazione. Per molta gente, che vive lontano, il nome della mia isola significa il nome d’un carcere.»

Il penitenziario domina Procida dall’alto e risveglia la curiosità di Arturo, che fin da bambino avverte una speciale “simpatia” per i detenuti e per il loro destino tragico. Il ragazzo, cresciuto con la sola compagnia dei suoi libri, non può che immaginarli come eroi romantici e virili degni del suo totale rispetto.

Ad oggi è possibile visitare Palazzo d’Avalos prenotando una visita guidata. Consigliamo di prenotare con anticipo per non rischiare di perdersi il tour di questo luogo iconico.

Vivara

La piccola isola di Vivara, anch’essa parte dell’arcipelago delle Isole Flegree, è oggi collegata a Procida tramite un ponte. Ai tempi di Arturo tuttavia il ponte non esisteva ancora, e Vivara era raggiungibile unicamente in barca. Per Arturo l’isolotto di Vivara è indissolubilmente legato alle sue scorribande infantili con l’adorata cagnolina Immacolatella. Con lei il ragazzo trascorre l’estate salpando sulla sua barca, la “Torpediniera delle Antille”, facendo rotta verso la selvaggia Vivara:

«Quando, attraversato il piccolo stretto, sbarcavamo nell’isoletta deserta di Vivara, che è a pochi metri da Procida, i conigli selvatici fuggivano al nostro arrivo, credendo ch’io fossi un cacciatore col suo cane da caccia. E lei li inseguiva un poco, per il gusto di correre, e poi tornava indietro da me, contenta di essere una pastora.»

Questo paradiso incontaminato è un’oasi naturalistica protetta dal 1974, per poi venire infine dichiarato riserva naturale dello Stato a partire dal 2002. I pronipoti dei conigli selvatici inseguiti da Immacolatella popolano ancora l’isola di Vivara, i cui ricchissimi fondali marini sono una meta imperdibile per gli amanti delle immersioni subacquee.

Belvedere Elsa Morante

Torniamo a Procida e prepariamoci a riprendere il nostro traghetto, ma prima godiamoci un ultimo intenso panorama ricco di tutti i colori eccezionali dell’isola. Lo faremo a partire da un luogo molto speciale: nel 2017 il Comune di Procida ha infatti deciso di intitolare a Elsa Morante un belvedere situato in via Pizzaco.

Durante la cerimonia che ha ufficializzato questo omaggio alla grande autrice, il sindaco di Procida Dino Ambrosino e l’assessore alla cultura Nico Granito hanno così motivato la loro scelta: «Nelle pagine del suo libro la Morante ha impresso la sua forte attrazione per questa terra, e con la magia della sua penna ha celebrato e diffuso al mondo intero la bellezza di Procida.»

Dal Belvedere Elsa Morante è possibile ammirare il mare cristallino che abbraccia Marina Corricella, il borgo di pescatori che ha contribuito a rendere l’isola di Procida celebre in tutto il mondo: è proprio qui infatti che Massimo Troisi ha girato alcune delle scene più belle del suo ultimo capolavoro, “Il postino”.