Napoli viene spesso associata al mare, al sole, alla pizza e al calore delle persone, ma non dimentichiamoci dell’immaginario collettivo e delle credenze tipiche della cultura popolare che ormai sono intrinseche nella quotidianitĆ  di ogni cittadino.

Tra queste la superstizione napoletana ĆØ protagonista del pensiero, dei modi di fare e di agire nella realtĆ  partenopea.

“Essere superstiziosi ĆØ da ignoranti, ma non esserlo porta male”. -Eduardo De Filippo.

In sostanza, anche chi non vuole crederci, inconsciamente lascia sempre al caso il beneficio del dubbio e agisce secondo la regola del “non si sa mai”.

Le origini della scaramanzia

Secondo la storia, la superstizione a Napoli si intensificĆ² soprattutto nel Settecento, quando il ReĀ Ferdinando IV di Borbone ospitĆ² alla sua corte l’archeologo Andrea De Jorio, molto apprezzato nel suo lavoro ma disprezzato per la pessima fama da jettatore che lo perseguitava. Il caso ha voluto che il giorno successivo, sicuramente per cause naturali legate alla vecchiaia, il Re morisse improvvisamente: da quel momento in poi il popolo non fece altro che credere ancor di piĆ¹ nella jella e in tutto ciĆ² che ne conseguiva.

La jettaturaĀ 

Il termine jettatura deriva dal latinoĀ jacere sortesĀ che vuol dire ā€œgettare le sorti, incantareā€; lo iettatore, nel linguaggio popolare, ĆØ quella persona a cui viene associata l’involontaria capacitĆ  di portare sfortuna con la sola presenza, anche a causa di un sentimento di invidia, pessimismo e malevolenza nei confronti dell’altro. Secondo l’attenta descrizione di Alexander Dumas, questa figura viene spesso rappresentata con viso e corpo magri, un colorito livido, il naso ricurvo e gli occhi tristi, spesso coperti da occhiali scuri: vi sarĆ  sicuramente capitato di riconoscere questi dettagli in una famosa immagine di TotĆ².

Questo modus vivendi ĆØ anche racchiuso in espressioni dialettali e proverbi ricorrenti; ad esempio, a Napoli si sente spesso parlare dei cosiddetti “uocchie sicche“, come nella classica frase “ā€œl’uocchie sicche soā€™ peggio dā€e scuppettateā€, che sta a significare “il malocchio ĆØ peggio dei colpi dei fucili”. In casi come questi quasi si sfocia in forze inspiegabili di natura soprannaturale, che avrebbero addirittura la capacitĆ  di influenzare o cambiare il susseguirsi degli eventi.

Oggetti e gesti contro il malocchio

Ma non si puĆ² pensare di sottostare a queste conseguenze, per questo il popolo napoletano ha escogitato diversi rimedi per scacciare il malocchio, che sono diventati ormai gesti abituali nella vita di tutti i giorni.

Il corno napoletano

Forse il piĆ¹ famoso, anche dal punto di vista simbolico, ĆØ “‘o curniciello“: tradizione vuole che il classico corno dal caratteristico colore rosso o corallo, debba essere regalato per svolgere a pieno la sua funzione. Nello specifico, chi lo ha regalato dovrebbe pungere il palmo della mano di chi lo ha ricevuto con la punta del corno.

Le origini del corno sono molto lontane: facciamo un viaggio nel tempo e torniamo all’etĆ  neolitica, quando all’entrata delle capanne venivano giĆ  esposti dei corni in segno diĀ potenza e fertilitĆ , per poi passare all’epoca romana, in cui venivano offerti alla dea Iside in cambio di protezione verso gli animali. Il corno appare anche nella mitologia greco-romana, quando si narra che Giove abbia donato un corno prodigioso alla sua nutrice per ringraziarla. Passeggiando tra le strade della cittĆ  ĆØ impossibile non notare questo piccolo oggetto nelle vetrine di negozi e botteghe artigiane, specialmente se vai a San Gregorio Armeno.

Toccarsi i genitaliĀ 

Non propriamente da galateo, ma sicuramente quello piĆ¹ comune ĆØ il tipico gesto di toccarsi i genitali maschili; sƬ, avete letto bene! Sono pochi quelli che non conoscono questo metodo scaramantico, che addirittura risale agli antichi romani, per i quali il membro maschile, simbolo di prosperitĆ  e fertilitĆ , era quasi sacro nel suo valore beneaugurante e protettivo, e per questo venivano anche affisse delle sue raffigurazioni all’entrata di una casa.

Il ferro di cavallo

Un altro oggetto che metaforicamente si riallaccia a questo contesto ĆØ ilĀ ferro di cavallo, rigorosamente rivolto verso l’alto. A primo impatto forse non si direbbe, ma secondo molti questa forma rimanda all’apparato genitale femminile; fungerebbe quindi da tentazione nei confronti del maligno, che, per non essere distratto, eviterebbe le case che lo utilizzano. Questa ideologia si collega alla storia di San Dunstano, santo inglese che fece un patto col diavolo: avrebbe smontato il ferro sui suoi zoccoli solo se avesse mantenuto la promessa di non entrare nelle case che avrebbero utilizzato questo “amuleto“.

Di derivazione storica, invece, ĆØ l’idea secondo cui il ferro per i romani fosse un portafortuna perchĆ©, quando gli ufficiali a cavallo perdevano uno zoccolo durante la marcia, tutto l’esercito, allo stremo delle forze, avrebbe finalmente riposato.

GiĆ  nel Settecento si era soliti fare dei gesti che deviassero gli influssi negativi come un’occhiata diffidente, come sputare tre volte per terra (lo so, poco educato, ma si diceva fosse un atto purificatorio), o fare le corna verso il basso (le corna appuntite indicano la difesa), toccandosi i genitali o indossando in tasca un dente di maiale (animale sacro per molte culture).

Il venerdƬ 17

Anche i numeri e i giorni possono avere una connotazione negativa: nella smorfia napoletana il numero 17 simboleggia la disgrazia, mentre il venerdƬ ĆØ il giorno in cui ĆØ morto GesĆ¹; di conseguenza, la combinazione tra venerdƬ e il 17 ĆØ tragica per i napoletani, che in questa giornata hanno sempre la sensazione che qualcosa di negativo possa succedere.

Lo specchio rotto

PuĆ² capitare a tutti di rompere uno specchio, giusto? Ecco, cercate di non farlo accadere. Infrangere uno specchio corrisponde a 7 anni di sfortuna: fin dall’antichitĆ , soprattutto in Oriente, ĆØ fortemente radicata l’idea che gli specchi riescano a catturare l’anima di una persona; la loro rottura quindi causerebbe un danno alla nostra parte sacra. Secondo un’ottica piĆ¹ pratica, invece, gli antichi romani associavano alla sfortuna il numero 7 perchĆ©, essendo gli specchi lavorati con materiali pregiati, per recuperare i soldi persi ci sarebbero voluti ben 7 anni di lavori e sacrifici!

Il pane capovolto

Se siete a tavola con dei napoletani, non capovolgere mai il pane! Il pane nella fede cristiana rappresenta il corpo di Cristo, quindi capovolgerlo sarebbe una forte mancanza di rispetto.

Il gatto nero

Un grande classico ĆØ quello del povero gatto nero che attraversa la strada prima del nostro passaggio, additato come un grande segno di malaugurio. Questa credenza risale ai tempi in cui si viaggiava in carrozza di notte: i cavalli, spaventati dai due occhi gialli che improvvisamente apparivano lungo il tragitto buio, si agitavano causando problemi ai passeggeri.

A volte compiamo dei gesti senza chiederci il perchƩ o come siano nati.

Come puoi ben vedere, dietro ogni credenza ci sono infinite storie, e queste che hai appena letto sono solo alcune!

E tu, sei scaramantico o fai solo finta di non esserlo?