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Tra i tre padri della letteratura italiana, le “tre corone”, si inserisce l’altisonante figura di Giovanni Boccaccio.
Astro del XIV secolo, segna il passaggio tra il Medioevo e il Rinascimento e dà grande contributo alla letteratura del tempo. La sua opera maggiore, il Decameron, ne è l’esempio più importante. Una raccolta di cento novelle in cui, per la prima volta, i personaggi femminili sono protagonisti al pari di quelli maschili. Tra i dieci protagonisti delle novelle spicca l’affascinante figura di Fiammetta.
La misteriosa donna di cui Boccaccio s’innamora al primo scambio di sguardi nella maestosa Basilica di San Lorenzo a Napoli, è musa ispiratrice e amore struggente del poeta. Napoli è per il poeta la città dell’amore dove trascorse la sua adolescenza, raccontata nella sua caoticità e bellezza come appariva durante l’epoca degli Angioini.
Boccaccio a Napoli
Giovanni Boccaccio nasce a Firenze nel 1313 quale figlio illegittimo di suo padre Boccaccino di Chellino e una donna di Certaldo. Durante la sua infanzia fiorentina apprende le basi del latino e studia la Divina Commedia di Dante. La Toscana è la regione dove Boccaccio nasce e muore, ma il poeta, come i grandi letterati dell’epoca, viaggia molto durante la sua vita. Tra questi viaggi vive per quasi quindici anni a Napoli, restando profondamente influenzato.
Nel 1327 Boccaccio e il padre approdano a Napoli, dove Boccaccino lavora come agente di cambio della nobile famiglia fiorentina Bardi. A Napoli Boccaccio viene subito affascinato dalla bellezza della città caotica e cosmopolita, ricca di diverse realtà, colori e storia.
Si iscrisse a giurisprudenza presso l’Università di Napoli Federico II. Piuttosto che seguire le lezioni di diritto, però, si interessa alle lezioni poetiche, intraprendendo gli studi sulla tradizione stilnovistica di Cino da Pistoia, giurista e poeta, amico di Dante Alighieri.
Frequenta la corte dell’acculturato re Roberto d’Angiò e proprio tra gli ambienti del Maschio Angioino, conosce grandi scrittori dell’epoca e frequenta le ricche biblioteche reali. Si appassiona di letteratura e scrive diverse opere tra cui il poema in lingua volgare Teseida, il romanzo d’amore Filocolo, i poemetti Filostrato e Caccia di Diana che gettano le basi per la futura composizione del Decameron, sua opera maggiore.
Napoli nelle opere del Boccaccio
Nelle sue opere Boccaccio ci fornisce un chiaro quadro della vita nella città di Napoli. La città partenopea viene citata nelle vicende di Florio, protagonista del Filocolo. Nel romanzo si racconta che Florio, bloccato a Napoli si reca alla Tomba di Virgilio, dove incontra Caleone (che impersona lo stesso Boccaccio) e Fiammetta.
Anche in alcune delle numerose novelle del Decameron la città di Napoli fa da ambientazione. In “Andreuccio da Perugia”, il protagonista si trova a Napoli nel centro storico. Dopo una passeggiata in Piazza Mercato, Andreuccio si inoltra tra strade strette e i vicoletti del centro storico dove viene derubato da una giovane siciliana. In particolare viene citata Ruga ossia la storica Rua Catalana e il “Malpertugio alla Marina” che fa pensare alla zona nei pressi di Via Depretis. Durante la vicenda, il giovane protagonista scampa a dei ladri rifugiandosi in una tomba che verosimilmente pare sia la tomba di Filippo Minutolo nel Duomo di Napoli. L’allievo di Giotto, invece, deve recarsi nella Chiesa di Santa Chiara per affrescare la parete dell’altare.
Ciò che affascina Boccaccio è anche la lingua di Napoli, tant’è che il poeta scrisse un’opera molto particolare che sarà ricordata come il primo esempio di letteratura dialettale in prosa. Si tratta dell’Epistola napoletana, un’opera scritta per metà in fiorentino e per metà in dialetto napoletano.
L’incontro tra Giovanni Boccaccio e la sua Fiammetta
Molti versi del Decameron e di altre opere del Boccaccio, sono dedicati ad una figura misteriosa, una musa che ha ispirato diversi personaggi delle storie del poeta. Si tratta di una donna famosa con il nome di Fiammetta e di cui si sa poco e niente. Lo stesso Boccaccio pare ne abbia volutamente nascosta l’identità con un gioco di grafia in cui scrive di una certa Maria o Ilaria d’Aquino.
Si dice che Fiammetta sia stata la figlia illegittima del re Roberto d’Angiò o che forse dietro questo pseudonimo si celava la figura di Giovanna d’Aquino, figlia di Tommaso II d’Aquino. Quel che si sa per certo è che di Fiammetta, Giovanni Boccaccio aveva perso la testa tanto che dopo la fine della loro relazione e il suo saluto alla città di Napoli, il poeta non si sarebbe mai sposato.
La loro storia d’amore iniziò con un incontro ed è stata descritta dallo stesso Boccaccio in una sua opera fiorentina: Elegia di Madonna Fiammetta.
Il giorno di sabato santo del 1336 (alcuni sostengono fosse stato l’anno 1330), durante la messa dei frati francescani nella Basilica di San Lorenzo Maggiore, lo sguardo di Boccaccio si intreccia a quello di Fiammetta e fu subito amore. Lui lodò la bellezza di lei che divenne oggetto del suo amore e musa ispiratrice delle sue opere. Lei, nei versi scritti dal poeta, sembrava schiva ma sapeva di non poter restare indifferente al giovane Giovanni Boccaccio.
Così inizia una storia d’amore clandestina tra il poeta e la giovane e bellissima vedova. Dopo tre anni però, lei sembra distratta da un nuovo amore e abbandona il Boccaccio che per Fiammetta continua a comporre opere. A lei viene dedicata, tra le altre, la composizione Amorosa Visione. Nel 1340 viene richiamato a Firenze dal padre a causa della disgrazia economica che colpì la famiglia.
Il complesso di San Lorenzo Maggiore
Nel pieno centro storico della città di Napoli sorge la monumentale Basilica di San Lorenzo Maggiore. Il complesso è tra i più antichi della città e si compone della chiesa e del vicino convento.
Voluta dal Papa Gregorio IX la basilica nacque dapprima come chiesa francescana dedicata al culto di San Lorenzo. Nel 1270 Carlo d’Angiò ne fece ricostruire ed ampliare gli spazi in un connubio perfetto tra il preesistente stile francescano e il gotico.
Durante quegli anni la basilica fu testimone di importanti eventi storici. Vide il susseguirsi al trono di tutta la dinastia degli angioini e la consacrazione del papa Sisto V.
La Chiesa di San Lorenzo Maggiore
Fu proprio tra le sale della chiesa, durante la celebrazione di una messa, che il Boccaccio e Fiammetta si innamorarono. A quel tempo la chiesa era nel massimo del suo splendore.
Terremoti ed eventi bellici, oltre all’uso spesso improprio degli ambienti della chiesa, ne deteriorarono le mura e la struttura venne modificata nel corso della storia. Il chiostro della chiesa venne addirittura adibito a deposito di armi sotto i viceré spagnoli mentre l’alto e squadrato campanile del XV secolo, fu assediato dal popolo durante le rivolte capeggiate da Masaniello.
Una profonda opera di restaurazione fu fatta nel 1882 e si protrasse fino al XX secolo inoltrato con un consolidamento delle mura pericolanti per mezzo di un contrafforte e di cemento armato.
La facciata della chiesa che possiamo ammirare oggi fu ricostruita nel 1742 ad opera di Sanfelice. Lo stile barocco è interrotto però nella parte dove si apre l’ingresso principale, costituito da un alto portale gotico. Questo conserva gli originari battenti lignei di fattura trecentesca.
Varcando il maestoso portale ci si trova all’inizio della grande navata centrale interrotta dall’intersecarsi delle cappelle laterali, secondo l’antica pianta a croce latina. Tra gli ambienti interni della chiesa erano presenti opere d’arte di inestimabile valore eseguite da illustri artisti quali Colantonio e Simone Martini. Le tavole sono state poi trasferite al Museo di Capodimonte.
Nelle sedici cappelle laterali vi sono altre opere artistiche di stile barocco o trecentesco ma anche monumenti e sepolcri che custodiscono i resti di grandi personaggi della storia napoletana tra cui letterati, musicisti, marchesi e filosofi. Queste sono collegate direttamente alla navata centrale con degli archi acuti di stile gotico. Una sola cappella si apre per mezzo di un arco a sesto acuto di stile barocco, ed è la seconda sul lato destro della navata.
Opera di Cosimo Fanzago è invece il transetto, in stile barocco e con archi a tutto sesto. Tra le varie opere spiccano due monumenti funebri del XIV secolo dedicati in memoria dei reali Carlo e Giovanna di Durazzo e Roberto Artois.
L’abside retrostante conserva ancora influssi di gotico francese e la sua struttura così unica e rara, dalle cappelle radiali e il deambulatorio che si aprono dietro alti pilastri e volte a crociera, rendono difficile l’attribuzione della fattura. L’altare maggiore, invece, risale al Rinascimento, opera di Giovanni da Nola. L’artista ritrae nelle sue opere pittoriche la Napoli rinascimentale che fa da sfondo alle vicende dei santi come ne “Il Martirio di San Lorenzo, San Francesco con il lupo di Gubbio e Sant’Antonio che parla ai pesci”. Le statue dei tre santi si ergono nella parte superiore dell’altare.
Al lato di questo spazio c’è il Sepolcro di Caterina d’Austria, prima opera del periodo napoletano di Tino de Camaino. Il monumento è dedicato alla moglie del figlio di re Roberto d’Angiò.
Il Convento e il Museo
La chiesa è collegata al convento a cui si può però accedere sia dagli ambienti interni che dall’esterno. L’ingresso principale è costituito infatti dal portale marmoreo che risale alla seconda metà del Quattrocento. Interessanti sono gli stemmi e i sedili della città di Napoli che vi sono esposti, risalenti al XIII secolo.
Parte del convento è adibito a Museo dell’Opera di San Lorenzo Maggiore dove sono conservate esposizioni di antichi costumi e arredi e le collezioni pittoriche private. Il museo si estende anche al di sotto del convento, comprendendo un’interessante area archeologica. Questi scavi risalgono al I secolo e comprendono l’area di un’antica agorà di epoca greca trasformata, poi, in foro. Sotto al chiostro si estendeva invece la parte del macellum (il mercato) annesso al foro romano.
La parte esterna è caratterizzata dal chiostro settecentesco. Al suo centro c’è il pozzo di marmo e piperno che Cosimo Fanzago ha scolpito con grande maestria mentre lungo le pareti sono disposti altri monumenti.
Attraverso il chiostro si può accedere al refettorio che, insieme alla Sala Capitolare, rappresenta le aree del convento non interessate dal museo. L’ampio refettorio conserva le “sette virtù” affrescate nel Seicento che doveva possedere un giusto e meritevole governante. Questo spazio divenne sede del Parlamento napoletano durante il Quattrocento.
L’altra parte originaria del convento è la Sala Capitolare che risale al lontano XI secolo, anch’essa affrescata nel Seicento. Qui si riunivano i frati per amministrare al meglio il monastero, oppure avevano luogo le assemblee cittadine.
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