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L’autunno è la stagione delle castagne. In Campania numerosi sono i castagneti che occupano una superficie totale maggiore ai 15000 ettari. Piccole e dal sapore intenso, le castagne coltivate qui sono delle vere e proprie eccellenze, tra le migliori d’Italia.
In Autunno, basta scegliere la zona, munirsi di un sacchetto e scarpe adatte per organizzare una bella escursione in montagna alla ricerca delle castagne. I castagneti campani sono localizzati praticamente in ogni parte della regione però bisogna fare attenzione: alcuni castagneti sono privati e non è possibile raccogliere le castagne liberamente, a meno che queste non si trovino sul ciglio della strada.
Ecco i più famosi della Campania, posti perfetti per le scampagnate autunnali che piacciono tanto anche ai bambini.
Le castagne di Napoli e dintorni
Cominciamo subito con il Parco Urbano dei Camaldoli, un castagneto che si estende per circa 100 ettari sulla collina della città di Napoli. Il parco è famoso per le passeggiate nel verde e le aree attrezzate per sport all’aperto e altre attività, sullo sfondo di un panorama mozzafiato.
Dal vicino Eremo, è possibile guardare tutta Napoli in un sol colpo d’occhio, completamente immersi in un’atmosfera di pace e tranquillità. In particolare, nella stagione autunnale il parco diventa anche meta di piacevoli passeggiate organizzate proprio per raccogliere le deliziose castagne che cadono dagli alberi.
Anche Ischia, famosa per le sue celebri spiagge prese d’assalto dai turisti vacanzieri durante la stagione estiva, in autunno cambia i propri colori. Così ai bordi delle sue aree boschive, come quella nei pressi della fonte del Buceto, si possono raccogliere le piccole e scure castagne d’Ischia, dalla buccia dura e la polpa friabile adatta per mille ricette sia dolci che salate.
Nel Parco Nazionale del Vesuvio cresce invece la castagna del Monte Somma. Qui i castagneti sono numerosi ma privati e non è possibile quindi raccoglierne i frutti senza permesso. Tuttavia, presso alcune aziende agricole, si possono degustare fantastiche ricette tipiche dell’autunno vesuviano, come la deliziosa zuppa di castagne.
Spostandosi verso la provincia, non molto lontano da Napoli, sorgono poi i comuni di Lettere, Pimonte e Castellammare, tutti e tre sul Monte Faito, una delle vette dei Monti Lattari, dove crescono rigogliosi castagneti. Qui si coltiva la pregiata Castagna del Monte Faito, detta anche marroncino o Castagna di Cepparico
Questi frutti si raccolgono verso settembre o ottobre, quando i fiori maturi di giugno evolvono finalmente nei ricci. Ogni riccio ha da due a tre castagne dal colore marrone rossastro con marcate striature. Questa qualità di castagna si distingue per la polpa bianca e il sapore molto dolce che la rende perfetta per essere consumata sia come prodotto fresco che cotta o impiegata come ingrediente nella preparazione di dolci a base di castagne.
La Castagna di Montella e il Marrone o Castagna di Serino
Nei numerosi ed estesi boschi che sorgono nella zona di Avellino, viene coltivata la Castagna di Montella IGP. Questa varietà prende il nome dal paese di Montella ma cresce anche in altri comuni del Parco Regionale dei Monti Picentini, come quelli di Nusco, Montemarano, Bagnoli Irpino, Cassano Irpino e Volturara Irpino.
Il frutto è medio-piccolo e tondo, dalla buccia sottile e dal colore intenso. All’interno la polpa è bianca e dolce. Le castagne di Montella provengono da un preciso incrocio della varietà palummina e verdolina e possiedono particolari proprietà organolettiche che ne fanno apprezzare i frutti sia freschi che secchi, surgelati o cotti come caldarroste.
Durante il periodo natalizio, la castagna di Montella si trasforma in una particolarità culinaria: la castagna del prete. Questa trasformazione segue diversi passaggi che iniziano con l’essiccazione in guscio del prodotto che viene posto per circa 15 giorni su graticci di legno di castagno, tostato in forni ventilati ed infine reidratato in acqua. Un lungo processo che da luogo ad un prodotto dal sapore unico e particolare.
Altra eccellenza avellinese che non teme confronti è la Castagna o Marrone di Serino. La sua zona di produzione comprende i comuni interni della provincia di Avellino e Salerno, andando da Serino, Montoro e Solofra fino a Giffoni, Calvanico e Castiglione nel salernitano.
Storicamente, fu grazie ai monaci benedettini che i castagneti dei Monti Picentini vennero curati e riqualificati fino ad arrivare alla produzione di un frutto di alta qualità. Il Marrone di Serino è una castagna dalla pezzatura grande e dalla polpa a farina bianca, dolciastra e callosa. Qualità che hanno reso il Marrone di Serino una delle eccellenze italiane al pari della vicina Castagna di Montella.
La sua consistenza croccante la fa apprezzare sia come prodotto fresco che lavorato. Viene esportata a livello internazionale ed è molto richiesta nella filiera industriale, impiegata per la preparazione di prodotti famosi in tutto il mondo: i marron glacés.
Il Marrone di Roccadaspide
In provincia di Salerno, tra le zone degli Alburni e del Cilento, vi sono aree di altura dove cresce una particolare varietà di castagna insignita del riconoscimento IGP, il Marrone di Roccadaspide IGP, selezionato negli anni a partire dai marroni di provenienza avellinese.
I frutti tondeggianti e di grandezza media, hanno una buccia sottile bruno-rossastra. Nonostante la modesta pezzatura, questo frutto ha una polpa bianca e molto dolce che lo rende adatto al consumo fresco o nella preparazione delle caldarroste.
Anche questa castagna fa parte delle eccellenze campane, impiegata nell’industria per la preparazione dei marron glacés.
Le castagne di Benevento
Nei borghi intorno a Benevento si produce una modesta quantità di castagne selvatiche e marroni. In particolare questi deliziosi frutti autunnali, crescono in gran quantità nei boschi che appartengono al Parco Regionale del Matese o che sorgono nei pressi del bioparco nella Valle del Fiume Calore dove il clima è ideale per lo sviluppo dei castagneti.
I piccoli borghi di Ospedaletto, Summonte ma anche Arpaise, Cusano Mutri, Pietraroja, Montesarchio, Vitulano e Civitella Licinio, organizzano spesso eventi e sagre dove la protagonista è proprio la castagna. Le più famose sono senza dubbio la sagra della castagna ad Arpaise, quella di Vitulano o anche la sagra di Cusano Mutri. Dal 2020 questi eventi non sono stati organizzati a causa della pandemia ma è possibile tenersi aggiornati sul web e sui siti ufficiali dei comuni.
Le zone montane del Matese sono sempre perfette per spedizioni alla ricerca delle piccole castagne selvatiche, adatte per la preparazione di pane e zuppe oppure da gustare bollite o al forno.
La Castagna di Roccamonfina
Nella provincia di Caserta, precisamente tra i comuni di Liberi, Pontelatone, Formicola, Roccaromana e Roccamonfina, cresce la particolare varietà di castagna ufarella o vofarella, detta anche Castagna di Roccamonfina. Una piccola castagna tempestiva, che si annovera tra le primizie, dalla buccia chiara, percorsa da evidenti striature. Il frutto dolce e dalla polpa settata, si stacca facilmente dalla buccia.
Si tratta di una varietà riconosciuta per lo più a livello locale e provinciale, utilizzata in pasticceria e per la preparazione di particolari piatti come la zuppa di “allesse” cioè lesse, o come ingrediente imprescindibile di minestre e primi piatti come le tagliatelle con le castagne.
L’albero di castagno
La castagna è il frutto edibile dell’albero di castagno Castanea sativa. In tempi recenti, però è stato introdotto nelle nostre regioni anche l’albero di Castanea crenata ossia il Castagno giapponese, molto simile all’europeo ma più resistente alle malattie vegetali. Per questo motivo, tecniche botaniche prevedono l’innesto delle due specie.
Il frutto della castagna si origina a partire dai fiori femminili fecondati (le cupole), che evolvono successivamente in riccio. Questo custodisce al suo interno da uno a tre castagne, più raramente e in alcune condizioni climatiche però, il riccio può arrivare a contenere al suo interno fino ad otto frutti.
Ogni castagna è, secondo la classificazione botanica, un achenio protetto da una buccia (il pericarpo), liscia e legnosa dall’aspetto lucido. Alla sommità di questo involucro coriaceo, spunta la cosiddetta “torcia“, un ciuffetto vegetale, mentre sulla parte basale del frutto è evidente una zona più chiara denominata “ilo”.
Il frutto della castagna è molto apprezzato in cucina sia come frutta secca che come prodotto fresco. Le sue farine sono impiegate in numerose ricette dolci e salate. Da un punto di vista industriale, la castagna viene commercializzata praticamente in ogni periodo dell’anno sotto svariate forme. Il prodotto viene conservato in soluzione acquosa o alcolica, sciroppato, surgelato, secco o sottovuoto, come canditi o glassati, trasformati in crema o purea ma anche quale ingrediente del muesli, omogeneizzati per l’infanzia e bevande sia analcoliche che alcoliche come birre e liquori.
La castagna e il marrone
Il frutto del castagno, tanto apprezzato fin dai tempi più antichi, è stato selezionato e ibridato al fine di ottenere prodotti di qualità sempre maggiori anche in base alle destinazioni commerciali.
Una prima distinzione si ha tra castagna e marrone che differiscono principalmente per l’aspetto dei frutti: più settati e piccoli nel caso della castagna, più grandi e lisci se si tratta di marrone.
I marroni, di qualità superiore, si prestano meglio alla canditura, come nel caso dei celebri marron glacés francesi, o alla trasformazione industriale. Il frutto, molto dolce, presenta una polpa liscia e facilmente separabile dalla buccia. Più chiari e brillanti delle castagne, presentano striature ravvicinate e derivano da alberi meno produttivi e più delicati da un punto di vista fitopatologico.
I ricci dei marroni contengono uno o due frutti al loro interno. La castagna, invece, presenta frutti di media o piccola pezzatura, più adatti ad essere essiccati, surgelati, conservati sottovuoto o in sciroppo oppure per ricavare le farine.
Le molteplici varietà italiane di marroni e di castagne dipendono da vari fattori come l’altitudine in cui vengono coltivati e dalla cultivar di provenienza (le varietà agrarie).
I castagneti sono presenti in Italia da Nord a Sud, praticamente in ogni regione del paese. Le varietà più rinomate, identificate con il marchio IGP e DOP, vengono coltivate soprattutto in Piemonte, Toscana e nella regione Campania.
Nonostante siano presenti sul mercato e tra i banchi alimentari per tutto l’anno, la raccolta delle castagne avviene tra i mesi di settembre e novembre, rendendo questo frutto l’alimento principe dell’autunno.
Le antiche origini della castagna
L’albero di castagne è nato in tempi molto lontani. Le sue origini risalgono alla Preistoria, durante l’era del Cenozoico. Testimonianze fossili attestano che in quel periodo, l’albero era diffuso già in Asia, America ed Europa.
Durante l’antichità la castagna veniva denominata con diversi nomi, cosa che ha creato negli studiosi non pochi dubbi. Presso i Greci la castagna veniva citata negli scritti di diversi personaggi storici come “noce piatta” da Ippocrate o come “noce piatta senza fessure” dallo storico Senofonte, mentre Teofrasto identificava questo frutto con il nome di “ghianda di Giove”, nel suo celebre libro Storia delle Piante.
Nicandro già nel III secolo a.C, ne distinse quattro varietà: Malaca, dal frutto tenero, Lipima la cui principale caratteristica si riconduceva in una particolare difficoltà nel sbucciarla, Sardinia, dal nome della città asiatica di Sardi (capitale della Lidia) e Gimnopola, dal frutto liscio e senza peluria.
Altre testimonianze risalgono all’epoca dei Romani, quando la castagna veniva chiamata “noce cruda” o semplicemente castanea. Il frutto era venduto nei mercati e coltivato comunemente come albero da frutto. Virgilio ci attesta che dell’albero di castagno non si consumavano solo i frutti, ma venivano impiegate anche le foglie con cui si preparavano i materassi.
Plinio il Vecchio cita tra le sue celebri righe, le castagne quali frutti molto apprezzati e nascosti al tempo stesso dalla natura in una “cupola irta di spine”, riferendosi per l’appunto al riccio.
Durante il Medioevo i boschi coltivati a castagneti si diffusero in diverse regioni d’Italia. Così nacquero precise leggi a difesa delle coltivazioni di castagne. A Lucca venne formulato lo statuto dell’Offizio sopra le Selve, che prevedeva pene gravissime per i contravventori di tali regolamenti.
Quelle lombarde erano le migliori castagne, a detta del popolo francese, che acquistava in gran quantità questi frutti per rivenderli nei propri mercati.
La castagna venne prodotta in numero sempre maggiore a tal punto che già diffuse presso le tavole dei ricchi, si inserirono a pieno titolo tra gli alimenti essenziali del popolo. Denominate “pane dei poveri”, le castagne acquisirono tanta importanza da essere utilizzate come merce di scambio e di pagamento.
In età moderna e durante la prima parte del Novecento, la produzione di castagne raggiunse il suo picco massimo. Con l’arrivo dell’industrializzazione, invece, la produzione di questi frutti cominciò a decadere velocemente. In quegli anni i montanari abbandonarono le case di montagna e i propri boschi coltivati per trasferirsi nelle più confortevoli città.
Ciononostante le coltivazioni di castagne non potevano scomparire poiché la castagna, grazie al suo alto valore nutrizionale, ha continuato a rivestire un ruolo fondamentale nell’alimentazione dei popoli, al pari del grano e degli altri cereali.
Per la sua bontà e la sua grande versatilità in cucina la castagna è stata selezionata per formare molteplici varietà, tutte con proprie caratteristiche organolettiche e peculiari.
I numerosi impieghi della castagna: in cucina e non solo
La castagna è un frutto che può contare su un alto valore nutritivo. Per il suo basso contenuto di acqua, si inserisce tra la frutta secca distinguendosi al contempo, per la bassa concentrazione di grassi. Fibre, zuccheri e proteine sono accompagnate da una buona quantità di sali minerali quali magnesio, potassio, calcio, zolfo e fosforo oltre che dalla presenza di vitamine B1 e B2 ma anche vitamina C e PP.
In campo medicinale e cosmetico, invece, la castagna è da sempre ritenuta dal popolo, una valida alleata della salute. Fin dall’antichità e durante il Medioevo, erano diffuse diverse ricette per curare i più comuni mali. Unt decotto di foglie e bucce di castagna era consigliato contro gotta ed emicrania, mentre i frutti lessati e poi pestati con aggiunta di miele, aiutavano a contrastare i disturbi del fegato.
Per le malattie del cuore si consigliava di consumare le castagne come prodotto fresco, mentre le caldarroste erano più indicate per coloro che soffrivano di disturbi alla milza. In tempi più antichi, le castagne rientravano nell’alimentazione dei malati di febbre e per contrastare la peste. La farina di castagne, unita a miele e sale, veniva impiegata in caso di avvelenamento o per i morsi dei cani.
Dalle proprietà espettoranti e antispasmodiche, la castagna era considerata anche afrodisiaca e utile per molte problematiche delle donne come la mastite, il mestruo troppo abbondante o per prevenire l’aborto. Impiegata anche per contrastare la calvizia e la tigna, sembrava possedere proprietà di valenza dermatologica.
Sebbene i più recenti studi medici non hanno potuto affermare scientificamente la veridicità di tutte questi effetti benefici, è stato riconosciuto alla castagna un alto valore energetico, tonico e rimineralizzante, utile soprattutto nella dieta degli atleti che praticano sport.
Il frutto della castagna in Cina è simbolo della previdenza e della giustizia perché presente praticamente tutto l’anno. Come simbolo araldico, invece, la castagna raffigura la fede, la resistenza e le virtù nascoste.
Le leggende legate alle castagne
Numerose sono le leggende legate alla castagna, la regina dell’autunno apprezzata da grandi e piccini.
Pare che il castagno, tanto tempo fa, fosse un albero molto triste perché a differenza degli altri alberi, non aveva frutti da dare. Così si rivolse alla fata verde dei boschi, supplicando per un aiuto. La fata acconsentì e gli disse che avrebbe dovuto aspettare un solo anno per poter finalmente produrre dei frutti.
Qualche tempo dopo, il castagno vide una famigliola di ricci in pericolo, che scappavano da un branco di predatori. Diede loro il suo aiuto e li fece nascondere tra i suoi alti e folti rami. Quando la fata lo venne a sapere, orgogliosa premiò l’albero di castagno, donandogli subito dei frutti, le castagne, nascosti in verdi e piccoli ricci.
Un’altra leggenda racconta che in origine le castagne non avevano il riccio, ma nascevano direttamente sui rami del castagno. Un inverno però, le castagne si misero tutte d’accordo e andarono dal castagno più anziano per chiedere consiglio. Il vecchio albero disse loro di chiedere aiuto ai ricci del bosco. I piccoli e teneri animali compresero il problema delle castagne che senza alcuna protezione, temevano il freddo del bosco, così le aiutarono donando loro delle pellicce fatte con i loro aculei. Da quel giorno ogni castagna aveva una sua pelliccia protettiva: il riccio.
Si racconta anche un’altra vicenda. Un giorno nel bosco una famigliola di ricci che viveva poco più in là di un albero di castagno, udì le tristi lamentele dei suoi frutti. Ogni castagna piangeva spaventata perché temeva l’incursione dei temibili scoiattoli che, in cerca di scorte, le avrebbe rapite per portarle nelle loro tane. Così i ricci decisero di nascondere le povere castagne con il loro corpo. La cosa funzionò e da allora le castagne sono sempre protette dai ricci.
L’ultima leggenda ha un carattere religioso. Si racconta che le castagne, da sempre frutto apprezzato e importante per i montanari, vennero nascoste dal Diavolo in uno spinoso e doloroso involucro: il riccio. Con questa protezione nessun uomo poteva raccogliere e mangiare gli importanti frutti. I montanari disperati si rivolsero a Dio, chiedendo il suo aiuto. Egli intervenne e fece sì che nella stagione autunnale i ricci si aprissero a croce, cadendo dagli alti alberi per offrire a tutti gli uomini le castagne mature.
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