Il caffè è oramai parte della nostra cultura, ma non solo. Anche in altre culture si sono sviluppate molteplici varianti di caffè, e ogni volta che lo si assapora è sempre un modo per riunirsi in compagnia o rilassarsi prendendo una pausa dal lavoro o dallo studio.

Lo possiamo dire con certezza: “Il caffè non passerà mai di moda!”.

In Campania il caffè è un’abitudine quotidiana, una sorta di rito senza il quale la giornata non potrebbe cominciare nel verso giusto; fissare un incontro dicendo “ci prendiamo un caffè” o fare una pausa caffè è tipico dei campani. Ma qual è la storia che si cela dietro l’origine del caffè a Napoli?

Il caffè nella città partenopea è una tradizione, inoltre famosa è l’usanza del “

caffè sospeso, un gesto di altruismo che permette di pagare un caffè a chi non può permetterselo.

Facendo qualche passo indietro nel tempo, il caffè, già diffuso a Vienna, arrivò a Napoli con Maria Carolina D’Asburgo-Lorena che si sposò nel 1768 con Ferdinando di Borbone, il quale ne introdusse l’usanza a corte.

L’origine del caffè italiano e napoletano

La parola caffè, in realtà, proviene dalla parola turcakahve“, che a sua volta deriva dall’araboqawha“. Questo termine in origine si riferiva alla pianta del caffèCoffea Arabica“, che insieme alla “Coffea Robusta“, viene usata ancora oggi in tutto il mondo per produrre i chicchi della bevanda.

La metodologia e la produzione di macchine da caffè iniziarono a diffondersi in Italia da un prototipo iniziale presentato all’Esposizione Universale di Parigi del 1855.

Da dove inizia la diffusione del caffè?

Molti gastronomi dell’800 credevano che il caffè migliore fosse quello proveniente dalla città yemenita di Mocha, di conseguenza lo Yemen divenne il luogo d’origine della pianta. Successivamente dal Medio Oriente e dall’Arabia si diffuse prima in Egitto e poi nell’Impero Ottomano, per poi arrivare in Italia grazie ai mercanti della Repubblica di Venezia.

Il caffè come rituale di incontro per la società

La prima bottega italiana di caffè aprì nel 1683 a Venezia: da quel momento in poi, nel giro di un secolo, ne nacquero più di 200. Molti di essi acquisirono una connotazione intellettuale, chiamandosi caffè filosofici oppure caffè letterari.

Le botteghe divennero un luogo di incontro per gli intellettuali dell’epoca,  che dall’Italia si espansero in tutta Europa e in America. Inizialmente il caffè, però, non era ben visto dato che era d’importazione musulmana. Fu Papa Clemente VIII nel 1600 a dichiarare la bevanda adatta ai cristiani rassicurando i fedeli.

L’invenzione della “cuccumella” da caffè

Nel 1819 fu inventata a Napoli la “cuccumella“, la caffettiera napoletana che alternava il metodo di preparazione per decozione alla turca a quello di infusione alla veneziana, con un sistema a doppio filtro.

Il metodo di decozione alla turca prevede una bollitura dell’acqua e del caffè nello stesso ambiente: si versa la polvere di caffè in un recipiente (ad esempio la caffettiera turca), si aggiunge l’acqua mischiando il tutto e si porta ad ebollizione. Poi si versa il composto in una tazzina ed è pronto da bere. Nel sistema di infusione alla veneziana, invece, non si usa il fondo del caffè, ma si versa solo la parte liquida, a differenza del metodo di decozione alla turca.

Con la cuccumella i napoletani iniziarono a produrre in casa il caffè, poi nel 900 arrivò la famosa Moka. Per quanto riguarda la macchina da caffè da bar, brevettata a Torino nel 1884 da Angelo Moriondo, i napoletani impararono a conoscerla ed usarla al meglio nel corso di tutto il 900.

Il segreto del caffè napoletano

La particolarità del caffè napoletano è la miscela, oltre che la sua caratteristica tostatura, che le conferisce una colorazione più scura rispetto agli altri. Questa specifica tostatura, dopo qualche giorno di riposo, esalta gli oli essenziali e contribuisce ad una migliore estrazione degli aromi.

I Gran Caffè di Napoli

Il Gran Caffè Gambrinus è un locale storico sito in Via Chiaia e rientra tra i primi 10 Caffè d’Italia. Ha ospitato anche il celebre Oscar Wilde.

Altro locale storico dove bere un ottimo caffè è il Caffè del professore, situato in prossimità proprio del Caffè Gambrinus a piazza Trieste e Trento. La sua particolarità è proprio il cosiddetto “caffè del professore”, una dose doppia di caffè in una sola tazzina, che dà una sferzata d’energia per girare tutta la meravigliosa Napoli.

Anche alla caffetteria Mexico a Piazza Dante si beve un ottimo caffè. Da qui si può cogliere l’occasione per fare una passeggiata alla vicina Port’alba oppure a via San Sebastiano, detta la strada dei musicisti, piena di negozi con articoli musicali.

Se vuoi assaggiare il liquore al caffè, devi provare il caffè Borghetti! Per questa particolare bevanda è stata creata una caratteristica confezione tascabile che viene venduta di solito all’esterno degli stadi.

La storia di Elizabeth Cardiello e la sua caffettiera

Parlando di caffè e di tradizioni italiane, è necessario citare la storia di Elizabeth Cardiello, donna italoamericana. Suo padre Peter emigrò dall’Italia all’età di soli 14 anni e riuscì realizzarsi nel mondo dell’impresa in America, anche nel settore di utensili di acciaio per la cucina.

Elizabeth, fin da quando era giovane, era proprietaria delle imprese del padre, fin quando, per varie vicissitudini, si è ritrovata a lavorare per una banca, un impiego che le portava via molto tempo, ma soprattutto le aveva sottratto la sua identità.

Dopo poco, con la morte del padre, ha dovuto rimboccarsi le maniche e pensare a qualcosa che le avrebbe fatto tornare il sorriso. Durante le pulizie del garage del padre ha aperto un armadietto dove ha trovato delle vecchie caffettiere, un tempo appartenenti all’azienda del padre: 5000 caffettiere, le ultime rimaste, non se ne producevano più ed erano dei pezzi rarissimi. L’idea geniale e punto centrale della sua riuscita imprenditoriale è stata quella di investire nuovamente sulla produzione di questo tipo di caffettiera. Da qui è cominciato il suo successo, e anche la sua nuova vita.

Elizabeth, con il suo business, è diventata oggi imprenditrice al fianco del padre come ha sempre desiderato, cogliendo l’ultima occasione per farlo. Quando ripensa al suo percorso cita la frase “what the mind can conceive, the mind can achieve“: ciò che la mente può concepire, la mente può raggiungere.

Le varietà di caffé

Naturalmente i caffè non sono tutti uguali, ci sono diverse tipologie e piante. Anche il processo per tostarlo può essere differente.

I processi di tostatura variano in base al tempo e alla temperatura, il tutto si decide in base alla tipologia di caffè da lavorare. Per esempio, i caffè Robusta hanno bisogno di maggiore energia e di un tempo di tostatura più lungo, anche se una tostatura molto lunga non è mai auspicabile perché tende a cuocere il caffè più che tostarlo.

La varietà arabica è una delle più diffuse, inoltre è la prima specie di pianta utilizzata per fare il caffè. Ha un contenuto minore di caffeina rispetto ad altre in commercio. L’Arabica è originaria dell’Etiopia, del Sudan, e del Kenya settentrionale, ma è ormai coltivata anche in Arabia, in Brasile etc. Le piante di Arabica crescono soprattutto in zone ad alta quota tra i 1000 e 2000 metri, oltre che in terreni molto ricchi di minerali.

La coltivazione della varietà di caffè Robusta è cominciata solo nell’800. È una delle più economiche, data la sua resistenza e la sua capacità di crescere anche a basse quote. La robusta presenta una maggiore quantità di caffeina rispetto all’Arabica ed ha un aroma più amaro e forte.

Il caffè nella musica

Il caffè è stato fonte di ispirazione anche nell’arte: molte canzoni, infatti, fanno riferimento a questa bevanda. La prima è “A tazza e cafè” di Roberto Murolo; sempre in ambito partenopeo abbiamo “Na tazzulella e cafè” di Pino Daniele.

Il caffè è citato anche nella storica canzone del cantautore Fabrizio De AndrèDon Raffae“. Per finire anche altri cantanti da nord a sud hanno introdotto la bevanda tra i loro versi: Alex Britti in “7000 caffè” oppure la famosissima canzone “Il caffè della Peppina” del Piccolo Coro dell’Antoniano.