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Cuma è un pezzo importante della storia della Magna Grecia: ha contribuito più delle altre colonie a diffondere la cultura greca in Italia. Gli scavi archeologici di Cuma sono conosciuti soprattutto per l’affascinante leggenda che parla di una donna ingannata da un dio: la sibilla Cumana.
La Sibilla era uno degli oracoli più conosciuti e consultati del mondo antico, le cui predizioni sono descritte in numerose opere di autori greci e latini.
La leggenda della Sibilla cumana
Come era la Sibilla? Immaginate una giovane donna di rara bellezza. Bella da far innamorare così perdutamente il dio Apollo da proporle qualunque cosa purché diventasse la sua sacerdotessa. La Sibilla, senza pensarci troppo, chiese uno dei doni più ambiti: l’immortalità.
La giovane dimenticò però di chiedere anche di non invecchiare. Dunque, con il passare delle decadi, il suo corpo si rimpiccioliva e consumava sempre più, come quello di una cicala. Venne rinchiusa in una gabbietta all’interno del tempio del dio, fino a quando il suo corpo non scomparve e restando soltanto la sua voce.
La voce della sacerdotessa di Apollo veniva consultata da chi voleva sapere di più sul suo futuro, specialmente dai giovani soldati. Quando la sibilla veniva consultata diceva frasi come – Ibis, redibis non morieris in bello -, che in latino offre una duplice interpretazione, a seconda di come si usi la punteggiatura. Con la virgola prima della negazione il responso della sibilla è positivo: – Andrai, ritornerai e non morirai in guerra -, mentre con la virgola spostata dopo la negazione è il contrario: – Andrai, non ritornerai e morirai in guerra -.
Cosa c’è di vero nella figura della sibilla
Sappiamo che presso i Romani antichi, con la dicitura libro sibillino, si indicava una raccolta di testi oracolari che, in occasione di certi prodigi o di situazioni critiche dello stato, venivano consultati da un apposito collegio sacerdotale per conoscere la volontà degli dei. Ancora oggi utilizziamo il termine sibillino per indicare un’interpretazione dubbia, come erano talvolta i responsi delle Sibille e degli oracoli.
Il mito della fondazione di cuma
Secondo Strabone, Cuma è la prima colonia greca di popolamento in Occidente. Dovete immaginare i coloni greci partire dalla lontana Calcide. Alla guida delle imbarcazioni Megastene e Ippocle, protetti dal dio Apollo. Fondare questa città nel 730 a.c., su un promontorio, guidati da una colomba di giorno e dal suono di bronzei cimbali di notte.
Scavi archeologici di Cuma
L’Antro della Sibilla fa parte dei reperti degli scavi archeologici di Cuma.
Grazie soprattutto agli scavi di Amedeo Maiuri, sono stati riportati alla luce anche il Tempio di Apollo, il Tempio di Giove e la Crypta e la necropoli. L’esplorazione della parte bassa è iniziata in un secondo momento.
Gli scavi presero il via nel 1911, restituendo i resti dell’antica città abbandonata definitivamente nel 1207, anno in cui venne distrutta dalle armate napoletane.
I monumenti funebri della necropoli di Cuma si estendono in un’area lunga circa 3 km, comprendendo tombe risalenti all’epoca greca, sannita e romana.
Un ritrovamento casuale avvenne nel 1992, quando, durante la costruzione di un gasdotto nei pressi della spiaggia, fu scoperto un tempio dedicato alla dea Iside.
Nel 1994, grazie all’attivazione del progetto Kyme il sito conobbe una riscoperta: venne completato lo scavo della tomba a tholos, venne esplorata una parte della cinta muraria e proseguirono le indagini nella zona del foro dove avvenne la scoperta di un edificio a pianta basilicale, chiamata Aula Sillana, del podio di un tempio e lungo la linea di costa furono ritrovate tre ville marittime.
La maggior parte dei reperti recuperati è conservata al Museo Archeologico Nazionale di Napoli ed al Museo Archeologico dei Campi Flegrei.
La Cuma Greca
Dopo aver occupato provvisoriamente l’isola d’Ischia, i greci si stanziarono a Cuma e collocarono l’acropoli della loro città su due terrazze e su un più basso sperone meridionale del Monte di Cuma, fondando la nuova città su un promontorio caratterizzato da pareti ripide e scoscese, ottimale per prevenire le incursioni dei nemici. Successivamente, da questa prima colonia partirono coloro che edificarono Palepoli.
Nel giro di pochi anni la colonia di Cuma si sviluppò rapidamente, aiutata dai favorevoli scambi commerciali con i popoli del Lazio e della Campania e si espanse fino alla costa, tanto da avere il controllo su tutto il golfo di Napoli tale da permetterle di create delle sub colonie a Baia, Pozzuoli, Napoli, Miseno e Capri. Tuttavia, dopo tale florido periodo la città cadde in una profonda crisi politica interna, che terminò con la conquista da parte dei Sanniti nel 421 a.C.
Nel 338 a.C. fu poi occupata dai Romani, i quali le riconobbero lo stato di municipium per il sussidio dato dalla città durante le guerre puniche: anche il dominio romano non portò molti benefici a Cuma che continuò il suo lento declino, tanto che tra il IV ed il V secolo d.C. si ridusse ad essere popolata da un esiguo numero di abitanti.
Non appena si oltrepassa la galleria di accesso degli scavi archeologici di Cuma, ci si immerge in un’atmosfera antica e surreale, dove vita e morte si incontrano spesso.
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