Il baccalà non è altro che il merluzzo, che prima di essere preparato viene sottoposto ad un processo di stagionatura con previa salagione, cioè conservazione nel sale.

Il baccalà è ormai parte integrante della tradizione culinaria italiana, ed è anche protagonista del menù delle feste natalizie. Insieme alla pizza di scarole, soprattutto in Campania il baccalà fritto viene preparato già la mattina del 24 dicembre per “spuzzuliare”, cioè fare dei piccoli assaggi preparando l’appetito per il cenone della Vigilia.

L’etimologia della parola baccalà

Molti si chiedono da dove derivi il termine baccalà, e la tesi più accreditata è quella secondo cui l’etimologia della parola sia tedesca: bakkel-jau significa “pesce salato“, che è una trasposizione di bakel-jau, che significa “duro come una corda”. Secondo un’altra versione, invece, Sebastiano Caboto, esploratore e cartografo italiano, durante un viaggio verso il Nord America nel 1509, notò il mare lungo la costa popolato da pesci che gli abitanti del posto chiamavano “baccalai”; da quel momento in poi riconobbe quei luoghi come “terra dei baccalai”.

Secondo altri il termine italiano deriva in realtà dalla parola portoghese bacalhau: l’Italia, infatti, è seconda solo al Portogallo nella scala dei Paesi che consumano maggiormente questa tipologia di pesce e addirittura si dice che i cittadini portoghesi abbiano ideato una ricetta diversa per ogni giorno dell’anno. Grazie ai rapporti commerciali dell’Italia con i pescatori e i mercanti portoghesi, che già dal Cinquecento esploravano le acque del Nord Atlantico, questo alimento ha raggiunto presto il nostro mercato, fino ad arrivare sulle tavole di tutti gli italiani, da Nord a Sud.

Dalle Fiandre a Venezia: la storia del senatore Querini

Dietro l’utilizzo del baccalà nella cucina italiana c’è anche una simpatica storia che conduce l’importazione di questo pesce in Italia ad un’avventura del senatore della Repubblica di Venezia Piero Querini. Nel 1431 il mercante veneziano era partito per un’impresa commerciale con i suoi 68 marinai verso il Nord Europa, precisamente nelle Fiandre. Al largo dell’arcipelago di Lofoten si scatenò una terribile tempesta che causò il naufragio dell’imbarcazione; grazie alla scialuppa di salvataggio il capitano e altri riuscirono a mettersi in salvo raggiungendo una piccola isola, Roest. I sopravvissuti tentarono di nutrirsi bevendo neve sciolta, molluschi e frutti di mare, fin quando gli abitanti di un’isola vicina non li incontrarono e si presero cura di loro.

Querini notò che la gente del posto si nutriva di un pesce che non aveva mai visto, mangiandolo fresco, col sale, essiccato o battuto al sole. Incuriosito dalla probabile riuscita di questo prodotto nel mercato, decise di portarne un carico verso Venezia, utilizzandolo anche come una sorta di “moneta di scambio” durante il viaggio di ritorno.

Baccalà o stoccafisso?

Non bisogna confondere il baccalà con lo stoccafisso, che è una tipologia di merluzzo la cui essiccazione avviene senza sale. Nel Nord Italia ci sono visioni differenti sulla terminologia: a Venezia, ad esempio, lo stoccafisso è conosciuto come “bacalà”, come quello preparato alla vicentina: a Genova, invece, avviene il contrario, e il baccalà viene chiamato “stochefiscio”.

Lo stoccafisso, a differenza del baccalà, ha una collocazione geografica più precisa, infatti è risaputo che le favorevoli condizioni climatiche della Norvegia permettono di fare scorta di pesce dopo il periodo della deposizione delle uova, per poi lasciarlo essiccare al sole per tre mesi. Il baccalà, invece, viene pescato in diverse località europee quindi non ha un’origine ben precisa.

Forse non tutti sanno che questo pesce veniva anche utilizzato come barometro durante la navigazione. Ma come è possibile? Il pesce veniva appeso con delle corde all’albero della nave: l’umidità che si crea nell’aria anticipa una tempesta e scioglie il sale che ricopre il merluzzo!

Le varianti del baccalà da Nord a Sud

Il baccalà si è facilmente diffuso in Italia, oltre che per il basso costo, anche grazie al contributo della Chiesa, che aveva proposto la carne di pesce come alternativa nei giorni di quaresima e di vigilia.

Proprio per la grande diffusione ed esportazione di questo alimento in vari paesi, che anche tra le stesse regioni italiane sono nate diverse varianti nella preparazione del baccalà, dando vita a gustose ricette, anche contaminate dai gusti di altri paesi.

Baccalà alla vicentina

Nonostante non sia propriamente baccalà, quello alla vicentina è così famoso nella cucina italiana che non possiamo escluderlo. La preparazione prevede una prima rosolatura dei tranci di stoccafisso infarinati in un soffritto a base di olio, cipolle, sarde e prezzemolo. Dopodiché vengono aggiunti latte, Grana Padano grattugiato, sale e pepe e si ricopre tutto con olio e si lascia cuocere a fuoco dolce per almeno 4 ore, preferibilmente in un tegame di terracotta. Come da tradizione settentrionale, solitamente questo spezzatino cremoso viene gustato insieme alla polenta

Baccalà alla ligure

Il baccalà alla ligure viene prima fritto e poi aromatizzato con una salsa agrodolce a base di aglio, salvia, vino bianco, aceto e zucchero, in cui i pezzi di pesce vengono caramellati durante una seconda cottura, creando un piacevole contrasto tra la salatura del pesce e la dolcezza della salsa.

Baccalà alla bolognese

Il baccalà alla bolognese è uno dei pochi a non essere prima infarinato e fritto, infatti si può percepire fin dal primo boccone la consistenza molto friabile. Solitamente viene direttamente soffritto in padella con olio, burro, aglio e prezzemolo, e poi insaporito con il succo di limone.

Baccalà alla livornese

La polpa del baccalà alla livornese risulta più tenera: i tranci di pesce, infatti, dopo essere stati infarinati, vengono saltati solo per pochi minuti in padella prima di essere cotti in un sughetto delizioso a base di pomodoro, aglio e cipolle. Alla salsa si aggiungono anche le patate tagliate a cubetti e il prezzemolo.

Baccalà alla romana

A differenza degli altri, il baccalà alla romana si prepara al forno. Anche in questo caso, però, c’è un saporito contrasto tra il dolce e il salato: i pezzi di pesce vengono disposti su un letto di patate e cipolle crude condite con olio, sale e pepe, e poi ricoperti da una salsa di pomodoro, olive, pinoli e uvetta, che gli regalano quel tocco di dolcezza che spezza il condimento salato. Gli ingredienti, infatti, si compatteranno durante la cottura al forno diventando una sorta di timballo.

Baccalà alla napoletana

La versione napoletana prevede anch’essa una prima frittura. La seconda cottura, invece, insaporisce il baccalà con un sughetto di pomodoro, al profumo di aglio, peperoncino, olive, capperi e origano.