A partire da: €6.00 a persona
1h
English, Italiano
1-20 persone
Museo statale
Adatto ai bambini
Adatto alle coppie
Animali ammessi
Parcheggio disponibile
Senza barriere
Supporti in lingua
Il costo del biglietto intero è 6 euro
Il costo del biglietto ridotto (Giovani della Comunità Europea di età compresa tra i 18 e i 24 anni) è 2 euro
L'ingresso è gratuito secondo normativa di legge
Il costo per un tour condiviso con guida tursistica è di 175 €, durata 2 ore e 30 min, da 1 a 20 persone
La certosa di San Martino è chiusa il mercoledì
La Certosa è aperta dal giovedì al martedì dalle 8:30 alle 17:00 (la biglietteria chiude un'ora prima)
Orari 31 dicembre: 9:30 - 14:00, ultimo ingresso ore 13: 00; 1 gennaio 2023: 10:00 - 18:00, ultimo ingresso ore 17:00
Il sito è parzialmente accessibile
I gruppi e le scuole possono accedere con un massimo di 24 persone + 1 guida a gruppo
Cancellazione effettuabile fino a 24 ore prima della data e ora della prenotazione. In caso di no show si perde il 50% dell'importo dovuto
Cancellazione effettuabile fino a 72 ore prima della data e ora della prenotazione. In caso di no show si perde il 30% dell'importo dovuto
La Certosa di San Martino è un immenso complesso, erede di un antico monastero certosino del 1325, ed è situato al Vomero nei pressi di Castel Sant’Elmo. Oltre ad essere uno dei più grandi esempi di architettura e arte barocca, è anche il cuore della pittura napoletana del Seicento, ma non dimentichiamoci dell’impareggiabile vista sul Golfo di Napoli. È la seconda certosa ad essere stata costruita in Campania dopo quella di Padula.
Dopo l’Unità d’Italia è stato dichiarato monumento nazionale e, essendo stati ormai soppressi i vari ordini religiosi, dal 1866 ospita il Museo Nazionale di San Martino, gestito insieme alla certosa dal Ministero per i beni e le attività culturali dal 2014.
Quando diciamo che la struttura monumentale è enorme, non stiamo esagerando! La Certosa ospita circa cento sale, due chiese, un cortile, quattro cappelle, tre chiostri e infine anche i giardini pensili.
Gioiello della Certosa è sicuramente la Chiesa, caratterizzata da una navata unica resa preziosa dalle cappelle rivestite da meravigliose tarsie marmoree. A catturare l’attenzione è la magnifica volta, che esplode di colori caldi e dorati grazie ai dipinti realizzati da Giovanni Lanfranco. Oggi purtroppo quest’area non è aperta al pubblico per conservare al meglio questo inestimabile patrimonio artistico.
Il museo è strutturato su due livelli: tra le innumerevoli sale ricordiamo quella delle Carrozze, dove è conservata anche la “Carrozza degli eletti” che, oltre ad essere la più antica della città, è anche particolarmente cara al popolo napoletano per essere stata spesso protagonista di parate, come la quella di Piedigrotta e la Processione del Corpus Domini, e altri eventi importanti. Si pensa che all’origine sia stata fabbricata in Inghilterra per alcune incisioni in inglese notate su un disegno, inoltre presenta lo stemma di Napoli sia sul fregio anteriore che posteriore.
Magica da visitare sempre, in particolar modo durante il periodo natalizio, è la Sala presepiale, un tempo sede delle cucine della Certosa. Oggi ospita diverse opere al suo interno: alcune più piccole sono ancora conservate nelle teche originali, i cosiddetti “scarabattoli”, e insieme costituiscono la principale raccolta pubblica di arte presepiale italiana. Ad occupare un’intera sala c’è il famoso Presepe Cuciniello, il cui nome deriva dal suo autore, esposto in una scenografica grotta.
Passeggiando tra i corridoi noterete stanze con oggetti testimoni della vita alla Certosa, come specchiere, ritratti, antichissimi orologi solari, addirittura armi da fuoco e armi bianche, gallerie dove sono esposti dipinti di ammirevoli artisti tra cui Artemisia Gentileschi e Luca Giordano.
Nel secondo livello, infatti, si trova la Galleria Ottocento con i suoi 950 dipinti: questa grande esposizione è il frutto delle innumerevoli donazioni della borghesia napoletana, che ha sovvenzionato con ammirazione e piacere il lavoro della Scuola di Posillipo.
Tappa immancabile sono gli splendidi Giardini, la cui estensione arriva fino alla collina del Vomero; vi si accede tramite un androne e sono distribuiti su tre livelli: quello alto, che anticamente era l’erbario della farmacia dei monaci, quello intermedio, anche conosciuto come l’orto del Priore in quanto vi si affacciava il suo appartamento, e quello inferiore, che segue la passeggiata lungo le vigne con vista sul Golfo e sulla città, un tempo percorsa dai monaci durante le ore di meditazione e silenzio.
Visitando i Giardini puoi imbatterti in un luogo inedito, il Chiostro delle Donne, nato per accoglierle in quanto a loro era vietato l’accesso alla Certosa. Nelle aree verdi è stata avviata una forte opera di riqualificazione che ha riportato alla vita le presenze arboree esistenti in origine, tra cui il ciliegio, due peschi, un grande gelsomino rampicante, ortensie e siepi; il Giardino dei Semplici permette di riscoprire la coltivazione di piante officinali ed erbe mediche che venivano utilizzate anticamente dai monaci certosini.
Fino al 1578 di chiostro ne esisteva solo uno all’interno della Certosa, e corrisponde al moderno Chiostro Grande: quello dei Procuratori, infatti, inizialmente fungeva da orto per la sussistenza economica e la coltivazione di erbe mediche. Rimarrai incantato dai porticati, i giardini ad agrumeto, gli innesti in piperno e quelli marmorei, i busti di Santi e i teschi di marmo, e dai pozzi e la cisterna, importante riferimento dell’ingegneria idraulica dell’epoca.
L’antico monastero, antenato dell’attuale complesso, è stato eretto nel 1325 per volere di Carlo d’Angiò duca di Calabria e destinato all’ordine dei certosini. Della struttura originaria giungono a noi soltanto gli antichi sotterranei gotici, prima che il complesso si trasformasse in un vero e proprio capolavoro d’arte barocca.
Naturalmente nel corso degli anni il numero dei monaci che il monastero doveva ospitare cresceva a dismisura, per questo vennero avviati dei progetti di ampliamento nel 1581, diretti da Giovanni Antonio Dosio. Fino all’inizio del Seicento, anche grazie all’iniziativa del priore Turboli, il complesso presentava nuove celle, il sistema idrico e l’innovativa cisterna per la purificazione dell’acqua (anche se il processo di purificazione non funzionava al 100%).
Gran parte del merito per la bellezza architettonica della struttura va a Cosimo Fanzago, a cui venne affidata la gestione nel 1623. L’architetto introdusse degli elementi decorativi di rara bellezza per un monastero, dando peso all’aspetto cromatico, volumetrico e ai piccoli dettagli. Fu Nicola Tagliacozzi Canale, seguendo le orme di suo padre, a raggiungere il culmine del gusto estetico grazie alla sua impronta dallo stile rococò.
A causa dei moti rivoluzionari del 1799 il complesso viene occupato dai francesi e subì vari danni. Molti certosini vennero accusati di simpatizzare per i repubblicani, di conseguenza il Re era intenzionato a sopprimere l’ordine, poi decise di reintegrarlo nel 1804. Per un ventennio il complesso, ormai abbandonato, venne adibito a Casa per gli Invalidi di Guerra. Dopo una serie di restauri, l’ultima volta che la Certosa ospitò dei monaci fu nel 1836. Solo dopo 30 anni, per volere di Giuseppe Fiorelli, venne annessa al Museo Nazionale e aperta al pubblico nel 1867.
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