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Il Rione Fornelle è uno dei quartieri più antichi di Salerno, luogo in cui è nato e cresciuto il poeta Alfonso Gatto. Un tempo le mura e le strade del quartiere erano logorate dalla salsedine proveniente dal lungomare della città: oggi sono state trasformate in bellissime rappresentazioni poetiche a cielo aperto.
Ad oggi il quartiere, pur avendo conservato la sua identità “di nicchia”, è stato rivalutato, gode di un nuovo fascino che attira tutti i passanti incuriositi dal contrasto tra la modernità della street art e la natura essenziale e popolare del posto.
Grazie al progetto Muri d’Autore, realizzato insieme alla fondazione Alfonso Gatto, artisti italiani e stranieri, tra cui Ivan Tresoldi e Carlos Atoche, hanno ridato nuova vita alle facciate dei vicoli della zona attraverso una serie di coloratissimi murales e versi poetici. Il Rione ha acquisito una nuova identità, urbanistica, culturale e turistica.
L’idea è nata al termine della Prima conferenza mondiale del movimento dei Centomila poeti per il cambiamento, nato in California nel 2011 e svoltasi a Salerno. Proprio la nota poetica è ciò che contraddistingue questa rivalorizzazione urbanistica rispetto alle classiche opere di street art; oltre alle originali frasi, inoltre, sono stati ridisegnati anche i nomi delle strade e i numeri civici, ormai da tempo inesistenti.
Il progetto, coordinato dal poeta Valeriano Forte e dall’artista Pino Roscigno, inizialmente è partito con la realizzazione di un murales di GreenPino fuori dal Rione sui gradini del rione Mutilati. Successivamente l’intervento si è concentrato sui muri delle Fornelle, andando oltre il solo legame della città con Alfonso Gatto, e cercando di decorare gli spazi con richiami al mare, al dialetto e alle opere e ai ritratti di altri artisti tra cui Pino Daniele, Totò e Massimo Troisi. Infatti, passeggiando nel quartiere, si può incontrare a cui immagine fa riferimento al reale ritrova Nettuno intento a dedicare una poesia d’amore di Gatto alla sirena raffigurata sul muro di fronte, affacciata ad una graziosa finestra con un gattino; un’altra curiosa rappresentazione è quella del volto di Apollo, lento di una testa di Apollo nel Golfo Salernitano il 2 dicembre del 1930, che suggestionò e ispirò anche Ungaretti e che oggi è possibile ammirare al Museo archeologico della città.
Questa meravigliosa iniziativa culturale ha come obiettivo anche quello di rendere l’arte e la lettura fruibile a tutti, dal più piccolo al più anziano, valorizzando gli angoli più nascosti di Salerno e rendendo il quartiere, un tempo considerato pericoloso, una nuova meta turistica. A dare il benvenuto ai visitatori nel Rione, vicino ai gradini Masaniello, è proprio una raffigurazione di Alfonso Gatto, la cui immagine è stata immortalata con la sua solita sigaretta tra le labbra e i penetranti occhi color ghiaccio.
Il cuore del rione è piazza Matteo d’Aiello, dove si trova una fontana settecentesca il cui autore è anonimo ancora oggi. Questo luogo è il punto di ritrovo per gli abitanti della zona, dove si riuniscono con le sedie in strada o davanti all’uscio di casa per chiacchierare, spettegolare e mangiare in compagnia.
Una grande novità introdotta da qualche anno è l’ascensore che conduce alla città alta, direttamente ai famosi Giardini della Minerva, gli antichi orti botanici dove studiavano gli allievi della Scuola medica salernitana.
Le Fornelle nasce come quartiere nel IX secolo, quando qui vengono trasferiti con la forza degli amalfitani dal principe longobardo Sicardo. Il quartiere, un tempo conosciuto come Vicus sancte Trophimene, ruotava infatti intorno alla Chiesa di Santa Trofimena, patrona di Minori e degli amalfitani, e viveva principalmente di pesca e traffico marittimo. Il particolare nome del quartiere probabilmente deriva dalla tradizione degli amalfitani di fabbricare ceramiche, per la cui realizzazione costruivano degli appositivi forni, molti di questi situati proprio nel rione.
Il quartiere affonda le sue radici in una comunità lontana e distaccata del Centro Storico, per molti salernitani addirittura sconosciuta. Tutta l’area fu devastata dal terribile alluvione del 1954, infatti fu necessario abbattere diversi edifici per poi costruirvi le case popolari del Novecento.
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