La pizzica è una particolare tipologia di danza popolare molto diffusa in Puglia, soprattutto nelle province di Lecce, Brindisi, Taranto e Bari, ma anche in alcune zone della Basilicata. Il suo nome sembra intrecciarsi a quello della più famosa tarantella, sia dal punto di vista musicale che dal punto di vista coreografico. La pizzica salentina è quindi annoverata nella vasta famiglia delle danze denominate appunto tarantelle, ovvero quel gruppo di balli diffusi in epoca moderna nell’Italia centrale e meridionale.

Le origini della pizzica

Gonne lunghe, foulard sventolati e piedi scalzi: è così che si balla la pizzica in Salento, come linguaggio universale per raccontare la storia della popolazione locale delle campagne che ancora oggi protegge la pizzica come simbolo di folklore. Ma come è nata la tradizione della pizzica in Puglia?

Le prima tracce scritte risalgono al XVIII secolo, nelle quali si fa riferimento a questo ballo a Taranto e a Brindisi. Nell’aprile del 1797 i nobili tarantini offrono al re Ferdinando IV di Borbone una serata danzante. Il testo del ballo parla di “pizzica pizzica” come di una tarantella nobilitata a contraddanza, cioè a coppie schierate una di fronte all’altra.

Soltanto nei primi anni del XX secolo la pizzica appare per come la conosciamo e quindi come danza di coppia vera e propria, diventando un ballo per lo più ludico riservato ai momenti di festa e socialità. Secondo vari studiosi, però, questo ballo sarebbe molto più antico. Infatti, c’è chi afferma che la pizzica sia arrivata dalla Grecia, come rito dedicato al culto del dio Bacco, durante il quale ci si abbandonava a sfrenati festeggiamenti senza sosta.

La pizzica e il tarantismo

La pizzica è anche conosciuta con il nome di “taranta” e originariamente era impiegata come danza-antidoto contro i morsi di ragni e tarantole. Spesso in campagna capitava di essere attaccati da ragni velenosi che provocavano uno stato di trance, trattabile solo con il ballo. Quindi la pizzica serviva come accompagnamento al rito del tarantismo.

La danza veniva suonata da orchestrine composte di vari strumenti, tra cui violino e tamburello, con lo scopo di esorcizzare le donne tarantate per guarirle dal veleno tramite il ballo che la musica frenetica scatenava. A eventi del genere si assisteva in collettività, abbandonandosi alla danza per una specie di momento liberatorio.

La pizzica suonata in tali occasioni aveva però delle caratteristiche particolari che la distinguevano da quella utilizzata per le feste di paese. Resa famosa dal maestro violinista Luigi Stifani, la pizzica tarantata veniva eseguita con un ritmo molto sostenuto per spingere coloro che erano stati morsi dalla tarantola a ballare e liberarsi dal veleno attraverso l’emissione di sudore.

Nel rituale terapeutico del tarantismo a volte si usavano anche nastri colorati, coperte con disegni floreali e fazzoletti colorati per stimolare la vista. Oggi si può dire che il tarantismo è una tradizione scomparsa, ma negli ultimi decenni molti studiosi si sono interessati a questo antico fenomeno popolare.

La pizzica tradizionale e la neopizzica

Dal secondo dopoguerra in poi la pizzica tradizionale è andata sempre più a diradarsi nell’uso, sostituta da balli e danze più moderne o estere. Solo nelle zone della Valle d’Itria e della Bassa Murgia tra Bari, Taranto, Lecce e Brindisi la danza è rimasta intatta. Specialmente nei Comuni di Ostuni, Villa Castelli, Cisternino e Martina Franca è ancora forte la presenza di suonatori di organetto e qui la tradizione non si è mai spenta, lasciando alle generazioni successive il vasto bagaglio culturale.

Diversamente da quello che molti immaginano, la pizzica non sempre è una danza di corteggiamento. Infatti, spesso si balla nelle feste di famiglia e e si trovano a danzare parenti stretti e familiari. Quindi il ballo tra fratelli o nonno e nipoti può essere un momento di divertimento e scherzo.

Oggi bisogna però distinguere tra la pizzica tradizionale da quella reinventata dalla moda giovanile dalla metà degli anni Novanta e denominata “neopizzica”. La pizzica più classica apparteneva stilisticamente e coreograficamente alle tarantelle meridionali, con figure di base come il ballo e il giro, a cui si aggiungono rotazioni e figure legate per mano o braccia. Invece la neopizzica ha preso in prestito le forme più diffuse del ballo da modelli di danza stranieri (flamenco, tango), dando risalto alle emozioni dei ballerini ed aggiungendo euforia e grida.

Simbolo per eccellenza della pizzica, sia tradizionale che più nuova, è il fazzoletto, accessorio che non può mai mancare nell’abbigliamento dei ballerini e serviva ad invitare il partner prescelto. La credenza popolare vuole che questo oggetto sia simbolo d’amore o di abbandono nelle mani della donna che lo concede durante la danza solo al ragazzo che è capace di rubarle il cuore. Più probabilmente però l’accessorio serviva soprattutto ad animare ancor di più il ballo stesso.

Nel corso di feste di piazza, sagre e festival, i musicisti eseguono la cosiddetta ronda, cioè un brano musicale fatto con voci e tamburelli, riconoscibile per un ritmo battente e molto coinvolgente per chi assiste. Lo strumento principale è il tamburello leccese, a volte accompagnato da violino, chitarra, fisarmonica o mandolino. Alla musica si aggiunge poi una voce solista che in dialetto salentino intona poesie d’amore.

La moderna pizzica si basa sull’abilità dei danzatori e dei musicisti che hanno ripreso le note tradizionali e riadattato le melodie del passato in chiave più contemporanea. La pizzica ha quindi varcato i confini pugliesi grazie ad eventi di rilevanza nazionale come la celebre Notte della Taranta, il festival della musica salentina che si svolge ogni anno ad agosto da oltre vent’anni ed è un grande successo di pubblico.