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Passeggiando per la città di Napoli potrebbe capitarvi di incontrare qualcuno che beve una limonata con le gambe aperte, intento a non versarsela completamente addosso: è un’usanza che fa parte delle tantissime tradizioni napoletane, e si chiama proprio “limonata a cosce aperte“!
Sparsi per la città sono vari i chioschetti che offrono questa bevanda rinfrescante a base di acqua gassata, limone e il tocco segreto…il bicarbonato! Le radici di questa tradizione risalgono agli antichi acquafrescai di Napoli, di cui Carolina e Antonio Guerra ne sono i portavoce a partire dal 1836: eredi della famiglia Fedele, hanno portato avanti questa attività fino ai nostri giorni senza mai lasciare il punto di vendita originario a Piazza Trieste e Trento.
La storia degli acquafresca dei napoletani
Già nel Settecento l’acqua, aromatizzata dal sapore di agrumi vari, era conservata nelle cosiddette “mùmmare”, anfore in terracotta che ne garantivano la freschezza durante le torride giornate estive mentre venivano trasportate da una zona all’altra della città. Molte “banche dell’acqua” aprirono a Santa Lucia, ed erano bancarelle adornate di limoni che vendevano acqua ricca di sali minerali che si diceva provenisse direttamente dalle sorgenti del Monte Echia. Purtroppo nel 1973 le fonti di acqua sulfurea vennero chiuse per motivi di salute e igiene pubblica; in quel periodo si diffuse il colera e vennero riaperte direttamente nel 2000 per soli 3 anni in quanto considerate pericolose per la ferrosità dell’acqua che corrodeva le pareti.
I chioschetti vendevano prevalentemente acqua naturale, frizzante, l’acqua “annevata“, conservata nei blocchi di ghiaccio, o anche acqua di mare, di fiume, l’acqua di rose o l'”addirosa“, ovvero quella aromatizzata con il vino.
Ben presto non ci fu neanche più bisogno di utilizzare le anfore per la conservazione dell’acqua in quanto i piccoli chioschetti sfruttavano gli ipogei greci presenti lungo il centro storico come deposito; altri, invece, individuavano delle cavità d’argilla sfruttandone la funzione refrigerante come veniva fatto dai romani a Pompei. Anche la banca dell’acqua più antica, quella dei Guerra, si stabilì presso un vecchio ipogeo greco che ancora oggi, infatti, è ben visibile sul pavimento.
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Ma perché viene chiamata limonata a cosce aperte?
Utile alla digestione, questa bevanda ha la particolare caratteristica di esplodere letteralmente dal bicchiere nel momento in cui il bicarbonato entra in contatto con il limone: per questo motivo chi la sta bevendo allarga istantaneamente le gambe evitando che questa gli si riversi completamente sui piedi. L’ideale è berla il più velocemente possibile, così che questa non finisca tutta per terra. L’idea alla base della bevanda non è molto lontana da quella del sarchiapone, un drink simile che in aggiunta prevede solo i cubetti di ghiaccio, grazie ai quali l’esplosività del composto viene attutita.
Come in ogni angolo, gesto e usanza della città, anche questa tradizione racconta un pezzo della sua storia, quella della Napoli umile, quella che “s’ sap arrangià” (si adatta) con inventiva.
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