Nel Sud Italia durante le afose giornate d’estate si è soliti gustare la frisella, un semplice e delizioso prodotto da forno tipico della tradizione enogastronomica delle regioni del Mezzogiorno, simile al pane ma dalla forma spianata e la consistenza dura che la caratterizza. In origine, la frisella, accompagnava i marinai nei loro lunghi viaggi poi è entrata a pieno titolo nella tradizione del Meridione. Ad oggi si differenzia tra le diverse regioni del Sud, per aspetto, consistenza e sapore. Quella che troviamo a Napoli non è una semplice frisella ma la fresella napoletana.

Le antiche origini della Frisella

L’origine della frisella è davvero molto antica. La sua prima entrata in scena, risalirebbe al X secolo a.C, al tempo dei lunghi viaggi dei navigatori Fenici. Durante i loro spostamenti, infatti, erano soliti consumare questa speciale tipologia di pane che, essendo biscottato, poteva essere conservato per lungo tempo.

Secondo altri studiosi, invece, la frisella era conosciuta anche dai popoli greci e cretesi. Altre testimonianze storiche della frisella vengono dagli scritti di Plinio il Vecchio che la cita nel suo Naturalis Historia, libro XXII. Pare infatti che questo alimento era conosciuto anche dai Romani e che il termine fresella derivi proprio dalla parola latina “frendere” cioè “macinare, pestare, ridurre in pezzi”.

Nella storia più recente, la frisella inizia poi a differenziarsi. Prima degli anni del dopoguerra l’impasto veniva preparato impiegando diverse tipologie di farina. Con la farina di grano duro si otteneva una frisella più costosa, consumata durante le celebrazioni o comunque diffusa sulle tavole dei benestanti. Le friselle ottenute impastando farina di orzo o da miscele di grano e orzo erano invece più economiche e quindi generalmente consumate da ceti minori.

Nella tradizione dell’Italia Meridionale, al tempo in cui era diffusa la povertà, si usava cuocere tutti i prodotti da forno per l’intera comunità per mezzo di enormi e capienti forni pubblici. La panificazione avveniva due o tre volte al mese con l’impiego di grandi quantitativi di impasto che doveva garantire il fabbisogno alimentare giornaliero di tutte le famiglie.

La più piccola parte dell’impasto era destinata alla produzione di pagnotte di pane morbido, da consumarsi nel breve termine mente con la parte più consistente si procedeva alla produzione di pane biscottato, appunto le friselle conservate poi in grandi orci di pietra.

Attualmente le friselle si trovano ai banchi alimentari dei supermercati e nelle gastronomie locali, dove vengono vendute imbustate, in varie pezzature e prodotte con farine e miscele di vario genere.

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La fresella di Napoli e della Campania

Nella regione Campania, precisamente nella città di Napoli, le friselle, dette localmente freselle, venivano un tempo vendute esclusivamente dal “tarallaro”, un venditore ambulante che vendeva appunto taralli e le freselle. Con questo “pane” molto particolare qui si prepara la caponata, uno dei piatti tipici locali: la fresella viene bagnata e condita con pomodorini freschi in pezzi, aglio, olio, origano, basilico, olive bianche o nere e tonno o acciughe, anche conosciute come alici sotto sale.

Tradizionalmente la fresella veniva utilizzata anche come accompagnamento del tipico piatto napoletano salsicce e friarielli. A Benevento, località dell’entroterra campano, invece la fresella viene preparata con un impasto con “nzogna e pepe” e gustata così com’è come accompagnamento di affettati e antipasti specialmente durante la Pasqua.

In Costiera Amalfitana si trova invece il vascuotto, un prodotto che porta il marchio De. Co. , di denominazione comunale, tipico della località di Agerola e dei Monti Lattari. Secondo la tradizione agerolese, l’impasto di questa particolare tipologia di frisella, viene preparato con acqua, sale e una miscela di farina di frumento e di segale, una variante che presenta grani più grossi e sapidi.

Per la preparazione dell’impasto, che può essere anche a base di farina di mais e frumento, si impiega esclusivamente il criscito o lievito madre. Il termine vascuotto, deriva dalla conformazione allungata del filone di impasto.

La frisella della Puglia

In Puglia la frisella è chiamata il pane dei Crociati poiché grazie alla sua lunga conservazione rappresentava uno degli alimenti principali delle truppe cristiane durante i lunghi viaggi delle Crociate. Anche la sua forma a ciambella risponde a precise esigenze: presentando il tipico foro centrale, infatti, le freselle venivano infilate una dopo l’altra e unite assieme da un cordoncino. Con un nodo poi si univano le estremità del filo per poterle quindi trasportare comodamente o conservarle all’asciutto, diminuendo al massimo l’eventuale umidità.

Oggi le friselle salentine di grano duro, chiamate comunemente frise o friseddhe, sono un piatto tipico della Puglia e per la loro preparazione è stato inventato anche un particolarissimo utensile: lo “sponza-frise”. Si tratta di una particolarissima terrina, fatta con ceramica di Grottaglie, coperta alla sommità da un mezzo piatto bucherellato. Un’invenzione pratica ed elegante per reidratare la frisella con la cosiddetta “sponzatura”.

Immergendo la ciambella di pane biscottato in acqua, infatti, bisogna prestare attenzione affinché il prodotto venga uniformemente reidratato per evitare la presenza di zone spiacevolmente dure. Una frisella non “sponzata” correttamente verrà addentata con difficoltà con un rovinoso crollo della farcitura messa in superficie. La tradizionale frisa salentina può essere condita con olio extravergine d’oliva, pomodoro fresco e origano ed eventualmente un’aggiunta di fiordilatte e cetriolo.

A Bari la frisella è una specialità culinaria, servita anche nei ristoranti con il termine dialettale di cialdèdd’, cialdella o cialda che viene anche molto spesso preparata in casa e poi venduta in negozio. La preparazione prevede l’impiego di olio, acqua, sugo di pomodoro fresco e vino, mentre per il peccaminoso condimento si utilizzano carciofini e lampascioni, una particolare tipologia di aglio.

La fresella in Calabria

Riguardo alla punta dello stivale, in Calabria, la frisella assume il nome di fresa. In questa variante calabrese, non poteva mancare la regina indiscussa locale: la cipolla di Tropea.

La fresa calabrese, viene preparata strofinando uno spicchio di aglio fresco direttamente sulla superficie del pane biscottato, prima ancora di ammorbidirlo inumidendolo con acqua. Intanto, in una ciotola si preparano cubetti di pomodoro fresco, fettine di cipolla di Tropea e il peperoncino calabrese conditi con un filo d’olio extravergine d’oliva. Il tutto verrà poi sistemato direttamente sulla fresa, spolverando con origano.

Come si prepara la frisella, il pane bis-cottato

Come abbiamo già detto, esistono diverse varianti di frisella, che viene comunque preparata per mezzo di un impasto fatto con farina di orzo e di grano duro o altri tipi a seconda del gusto ricercato, sale, lievito e acqua.

La frisella viene infornata due volte: la prima volta per cuocere le forme che ancora bollenti saranno divise in due metà sul piano orizzontale, con l’aiuto di un filo “a strozzo”. Sarà questa operazione a conferire ad ogni frisella la tipica superficie rugosa che ne caratterizza l’aspetto. I pezzi ottenuti, dovranno poi essere riposti nel forno dove verrà terminata la cottura,  per questo la frisella è detta pane bis-cottato, cioè cotto due volte. Nelle fredde sere d’inverno può arricchire zuppe a base di verdure, pesce, carne o legumi oppure può essere utilizzata come base di contorni o, secondo tradizione, al posto del pane.

La ricetta delle freselle napoletane

Ingredienti per sei freselle:

  • 400 gr di farina
  • 1/2 cubetto di lievito (se è inverno meglio utilizzarne uno intero)
  • 1 cucchiaino raso di sale
  • acqua tiepida q.b.

Preparazione

Per prima cosa sciogliete il lievito in acqua tiepida. Mettete poi la farina in una ciotola e aggiungete a poco a poco il lievito sciolto, impastate quindi tutti gli ingredienti aggiungendo il sale alla fine. Lavorate l’impasto per una decina di minuti fino ad ottenere una consistenza liscia ed omogenea e lasciate riposare per 20 minuti.

Una volta riposato dividete l’impasto in pagnottine di circa 200 gr e create delle ciambelline larghe e schiacciate che farete crescere per altri 20 minuti. Quando saranno lievitate fatele cuocere in forno a circa 160°. Poi tiratele fuori e quando saranno fredde (poiché sicuramente risulterebbe difficile farlo quando sono bollenti come nel caso dei panifici con il filo “a strozzo”) dividetele a metà ottenendo la tipica forma della fresella e rimettetele a cuocere per altri 15-20 minuti fino a che non saranno asciutte.

Una volta ultimata la cottura è bene farle raffreddare coperte da un panno traspirante e poi conservarle nei sacchetti del pane. Ora non resta che assaggiare!