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In occasione della pubblicazione de Il Regno Incantato, abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Laura Capuano, illustratrice che fa parte del gruppo Storie di Napoli. Scopri l’intervista e il percorso: immergiti nelle meraviglie di Bacoli nei Campi Flegrei, segui qualche consiglio per giovani disegnatori e impara di più sull’esperienza della creazione una community tutta partenopea.
Le tappe dell’itinerario per bambini
Il Parco Sommerso di Baia
Scorrendo i racconti del libro, salta all’occhio la storia del pescatore Tommaso. Il suo amo resta impigliato in un’anfora nel mare di Baia, località costiera a circa mezz’ora da Napoli, dove sorge la più affascinante città romana sommersa del Mediterraneo, sprofondata a causa del fenomeno vulcanico del bradisismo. Per un’esperienza indimenticabile, prenota l’escursione sotto il livello del mare in battello: l’imbarco è dal porto di Baia, in via Molo di Baia, 20 a Bacoli, oppure se sei appassionati di immersioni,ci sono vari percorsi disponibili.
L’incantevole Casina Vanvitelliana
La meta prediletta dall’intervistata è un casino borbonico di caccia e pesca, ubicato nelle acque del lago Fusaro. L’edificio, progettato da Luigi Vanvitelli, è visitabile al suo interno ad un costo molto basso. Accedendo all’omonimo parco, invece, è possibile ammirare questo gioiello sul lago e scattare foto fantastiche, a prova di principiante!
Laura Capuano ci racconta come è nato il libro
“Il Regno Incantato non è la prima antologia di racconti che mettiamo insieme.
Di sicuro è stata per noi una novità l’idea di rivolgerci ai più piccoli: una naturale evoluzione del percorso che abbiamo cominciato con i loro genitori e con i loro nonni. Abbiamo deciso di allargare la rete e semplificare gli strumenti di comunicazione per riuscire ad arrivare in modo diretto e chiaro anche ai bambini. “
“L’idea, probabilmente, è nata da alcuni incontri che abbiamo avuto la fortuna di organizzare in collaborazione con le scuole: i bimbi delle elementari sono stati senza dubbio il pubblico più entusiasta che abbiamo avuto; la semplicità con cui si sono lasciati coinvolgere ci ha ispirati a realizzare un progetto che ci permettesse di comunicare con loro in maniera diretta.”
“Un volume grande, a colori, su una carta di qualità e copertina lucida: per me era un sogno che si realizzava.
Per la prima volta, le illustrazioni smettevano di svolgere una funzione puramente accompagnatoria, di supporto alle storie, ma diventavano protagoniste. Anche la tipologia di disegno si è dovuta adattare alle nuove esigenze: non bisogna lasciarsi ingannare dall’apparente semplicità delle illustrazioni per bambini.
Comunicare un’idea in maniera chiara, diretta e accattivante, che sia facilmente comprensibile anche ai più piccoli, è una vera e propria sfida che richiede notevoli capacità di sintesi e di semplificazione dei concetti e della narrazione.”
Quale emozione suscita vedere i più piccoli avvicinarsi ad un tour guidato di Napoli ispirato al libro?
“Ricordo di non aver avuto la percezione di quanto il libro fosse entrato nei cuori dei bambini finché non ho partecipato alla visita guidata organizzata da Eco delle Sirene sulle tappe delle nostre storie.
Siamo rimasti a bocca aperta quando in quell’occasione abbiamo conosciuto una bimba, Matilde, che conosceva a memoria ogni dettaglio delle nostre fiabe, inclusa – per filo e per segno! – la ricetta dei maccheroni al ragù, che secondo la leggenda sono il risultato di un esperimento di alchimia.
L’emozione più forte, però, l’ho avvertita nel momento dei saluti, quando molti bimbi ci hanno chiesto una foto insieme, oppure di scrivere per loro una dedica sui libri: la sincerità di quella passione mi ha commossa profondamente”.
Cosa sono per te le storie?
“Le storie per me, per noi, sono come le cuciture di un vestito, o i ricami di un arazzo. Tengono insieme l’immagine di una città non semplice, ma con un’identità forte.
Ognuna segue la precedente e rincorre la successiva, si completano e si intrecciano in un insieme di luci, ombre, colori, texture. cAlcune sono leggende, alcune sono fiabe, altre ancora sono storie vere. Non ci è dato quasi mai conoscere il confine preciso tra ciò che nei secoli è stato aggiunto nel passaparola e ciò che realmente è avvenuto: sta alla sensibilità di ognuno decidere fino a che punto credere.”
Storie di Napoli è un progetto collettivo. Com’è collaborare con professionalità così diverse?
“Tra tutte le possibilità di crescita che mi sono state offerte nel tempo, credo che questa sia di gran lunga la più preziosa. Ho curato per quattro anni la sezione illustrazioni del nostro sito, contribuendo personalmente e coordinando il lavoro degli altri illustratori: questo mi ha condotto a dovermi confrontare con persone che condividono una stessa passione, un obiettivo comune.
Questo scambio ha arricchito moltissimo non solo il mio approccio all’arte e all’illustrazione, ma mi ha insegnato ad osservare con attenzione anche l’approccio altrui.
Lo stesso vale per quando mi rapporto agli scrittori oppure ai fotografi: si tratta di espressioni diverse dello stesso concetto, l’amore per l’arte, l’amore per la città. Sono tutti modi nuovi di guardare verso uno stesso soggetto, ed è stato sorprendente capire in che modo l’uno può influenzare ed ispirare l’altro.
Ho avuto l’occasione di scoprire luoghi pazzeschi che passano quotidianamente sotto il nostro naso e di cui non capiamo il valore fino a quando non ci viene indicato con che occhi guardarli.
Avere a che fare con tante persone diverse, tutte creative nella propria personalissima maniera, ha aperto tantissimo i miei orizzonti: ognuno aggiunge un tocco personale nella gestione della pagina e nella risoluzione dei problemi e tutti insieme siamo un’ottima macchina.
Ultimo ma non ultimo, non c’è scusa migliore di una riunione organizzativa per sederci tutti davanti a una pizza.”
In che modo è avvenuto il tuo personale incontro con la community di Storie di Napoli?
“Nella vita posso dire di fare tutt’altro che l’illustratrice. Di professione sono farmacista, ma una costante per me è sempre stato il bisogno di coniugare il mio ” io” artistico con il resto della mia vita, che altrimenti sarebbe molto “dritta” e regolare. Ho sempre cercato – e trovato – scappatoie creative alla realtà di ogni giorno. Per quanto mi appassionassero gli studi scientifici e la mia curiosità mi spingesse ad approfondire tutto quello che studiavo, ho sempre sentito la necessità di infondere un pizzico di colore alle mie giornate.
Per questo motivo, inconsapevole dell’importanza che ciò avrebbe avuto sul corso della mia vita, nel 2015 ho colto un’occasione che mi si è presentata come richiesta d’aiuto da parte di un vecchio amico. All’epoca Storie di Napoli era una realtà piccola, ma vantava già diverse storie al suo attivo e si accingeva a raccoglierle nella sua prima pubblicazione: un libro tascabile, piccolo, in bianco e nero. Il budget di stampa era ridotto e le fotografie che accompagnavano le storie sul sito non potevano trovare giustizia su una pagina tanto piccola: i ragazzi si sono visti costretti a lanciare un appello a chi, tra i loro amici, avesse una certa passione per la matita.
È stato Federico a cercare me: «Ricordo che al liceo ti piaceva disegnare, lo fai ancora?»: ed è cominciata così. Ero incerta se accettare o meno, all’epoca erano anni che non toccavo un pastello, ero insicura e arrugginita al punto che chiunque mi sembrasse più capace di me.
Alla fine ci provai, e quello fu il primo dei tanti progetti che abbiamo realizzato insieme.”
Qual è il posto a cui sei più affezionata e com’è stato disegnare traendo ispirazione da Napoli?
“Mi è difficile preferirne uno. Sono legata a tanti luoghi, ma forse quello che nel mio immaginario assume uno dei significati più magici è la Casina Vanvitelliana, sul lago Fusaro. Credo sia il luogo che compare nei miei dipinti e nei miei schizzi più di frequente: l’ho dipinta al tramonto, con la luce piena del mattino, in uno scorcio di sera.
Mi ricorda tanto la casina della Fata Turchina nel film di Pinocchio, quello degli anni ‘60, e riporta a galla quel senso di fiaba che Walt Disney ha seminato in ogni bambino della mia generazione.
Non mancherà occasione di illustrarla in maniera ancora più magica in futuro: a mio parere, il trucco affinché un’illustrazione trasmetta una certa suggestione è evitare di soffermarsi in modo troppo realistico ed esplicito sui dettagli, ma di suggerire un’idea e lasciar fare il resto all’immaginazione di chi osserva.”
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